Politica

Il bagno di folla tra selfie, pasticceria e barzellette

Il Cavaliere graffia anche Confindustria: «Craxi mi disse: li ascolto per poi fare il contrario»

nostro inviato a Torino

Urla. Spintoni. E temerari selfie in movimento. La folla che ha atteso a lungo si scatena nel vederlo: vogliono toccarlo, scattano foto, gli stringono la mano. Silvio Berlusconi arriva in via Garibaldi un'ora e passa dopo l'orario stabilito, ma i fan non hanno perso l'entusiasmo. «È vent'anni che lo seguo in Piemonte», annuncia solenne la signora Ada, una della prima ora, il fazzoletto azzurro al collo. E intanto prova a placcarlo. Ci sono signori con i capelli bianchi, ma anche giovani e fanciulle affascinanti. Berlusconi scruta il pubblico, poi sdrammatizza alla sua maniera: «Non ho più l'età ma Torino è una città ideale per incontrare le belle ragazze. Vai sotto i portici e le trovi tutte li».

Passa un tranviere ignaro di tutto, poi capisce e con il telefonino prova a immortalare il leader che avanza come in una mischia di rugby. Impossibile catturare l'immagine e allora l'uomo se ne va sconsolato: «Peccato. Mi sarebbe piaciuto farmi ritrarre con lui».

Altri sono più fortunati, ma per bloccare il corteo, che guadagna lentamente metri in una ressa indescrivibile, serve anche l'ingegno. La commessa di un negozio di abbigliamento sale su una scala e gli manda baci dall'alto. Lui la nota e contraccambia. Alberto Cirio, il candidato che si gioca il posto pesante di governatore sul filo di lana, cerca di non perdere contatto ma non è facile fra gomitate e rollii come in mare aperto. «Mi dicono - rilancia il Cavaliere - che purtroppo c'è una diminuzione dei negozi, ma d'altra parte c'è Amazon e ci sono questi colossi che aumentano i fatturati. Ecco, io spero che ci siano start up di giovani pronti ad aprire qua e spero che i torinesi si assumano la responsabilità di aiutarli».

Il pellegrinaggio continua. Davanti alla pasticceria Tamborini spunta anche una contestatrice che lo apostrofa: «Buffone». Lui è già dentro, oltre il bancone con una tazza di caffè fra le mani, in mezzo ai camerieri vestiti di bianco che paiono corazzieri. Le facce dei tanti rimasti fuori si incollano alla vetrina, una ghiotta parata di scatole di cioccolatini. Lui si destreggia fra barzellette e aneddoti, poi punge di nuovo, puntando il dito contro la Confindustria, schiacciata su una linea troppo filogovernativa: «Una volta ero con Bettino Craxi, di cui sono stato amico. E Craxi sentiva con attenzione quel che il Presidente di Confindustria stava dicendo alla televisione. Allora gli chiesi Ma Bettino, è cosi importante quel che Confindustria sostiene?. E lui: Noi dobbiamo ascoltare Confindustria per fare poi il contrario. Adesso siamo arrivati a una Confindustria che soltanto per un invito del presidente a Palazzo Chigi plaude alla voglia del governo di fare riforme, mentre questo governo ha fatto male agli italiani e molto male anche alle imprese». Lo applaudono ancora, mentre lui infine si congeda.

SteZu

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