Cronache

Banane, vini, pomodori. È l'agricoltura "torrida"

Così i cambiamenti climatici hanno stravolto le nostre coltivazioni. E cambiano le abitudini

Banane, vini, pomodori. È l'agricoltura "torrida"

Banane in Sicilia, pomodori all'ombra delle Dolomiti, parassiti del tutto nuovi contro cui combattere. Benvenuti nell'agricoltura dell'a.d. 2016, quella in cui le produzioni sono totalmente stravolte dai cambiamenti climatici e dallo smog.

Due dati per tutti: il 2015 è stato l'anno più caldo in Italia da quando esistono i rilevamenti secondo le elaborazioni della Coldiretti sui dati Isac Cnr. E il 2016 si profila come l'anno più bollente della storia a livello mondiale con una temperatura media nei primi nove mesi superiore di 0,89 grandi centigradi rispetto alla media del ventesimo secolo secondo la banca dati del Noaa, il National Climatic Data Center che rileva le temperature del pianeta dal 1880. Inoltre nel 2015 secondo l'Organizzazione meteorologica mondiale la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera ha raggiunto per la prima volta le 400 parti per milione (pmm) e nell'anno in corso non sembra che la situazione sia destinata a migliorare.

Tutto ciò ha un impatto pesante sulla nostra agruicoltura. Secondo Coldiretti ci sono coltivazioni che spariscono, altre che compaiono quasi per magia e altre che si sopstano geograficamente seguendo i cambiamenti climatici. Il simbolo sono due coltivazioni tipicamente mediterranee come l'ulivo e il pomodoro. Il primo è arrivato ormai ai piedi delle Alpi e presto a Sud potrebbe fare troppo caldo per conservarlo. Quanto al pomodoro, un tempo tipico delle regioni meridionali, ormai metà della sua produzione si concentra nella Pianura Padana, come del resto quella di grano duro, ingrediente fondamentale per il prodotto made in Italy per eccellenza, la pasta. In Sicilia in compenso si iniziano a raccogliere i primi avocado (accade a Giarre, in provincia di catania) e le prime banane (accade a Palermo). Sicilia, Tropici.

Fin qui ci può stare. qualcosa appare, qualcosa scompare. Ma il fatto è che in Italia si diffondono anche parassiti «immigrati» contro i quali le nostre piante non sanno che fare. L'esempio più noto è quello della Xylella che ha devastato gli ulivi pugliesi. Ma ci sono anche il cinipede galligeno che ha decimato la produzione annuale di castagne (sppiate che se mangiate una caldarrosta molto probabilmente arriva dalla Romania); la Tristeza che - e il nome del resto non prometteva cose buone - ha falcidiato gli agrumi; il punteruolo rosso che da tempo si accanisce contro le palme; la nuovissima Cimice marmorata asiatica, volgarmente detto «cimice cinese», che oltre a invade le abitazioni del Nord-Est attacca anche i frutteti con una virulenza resa ancora più funesta dalla incredibile rapidità riproduttiva.

Anche i prodotti tipici risentono del caldo. Il vino italiano ha aumentato in media di un grado il suo tasso alcolico e ha ridisegnato la mappa della distribuzione dei vitigni. Ciò che accade anche nello Champagne, dove i produttori sono preoccupati dall'aumento della temperatura per uve come Chardonnay e Pinot Nero che hanno bisogno di fresco ed escursioni termiche. Viti si coltivano ormai anche in Gran Bretagna e nel Sud della Svezia.

E anche i salumi subiscono conseguenze: il loro affinamento è infatti molto più difficile in una Terra molto più surriscaldata.

Commenti