Cronache

Barbie "gioca" le femministe l'emancipazione è bambola

Oltre mezzo secolo di attacchi e scomuniche, ma lei è inarrestabile. E fa carriera in tacchi a spillo

Barbie "gioca" le femministe l'emancipazione è bambola

La volevano morta, lei è più viva che mai. Dal 28 ottobre il museo delle Culture di Milano celebra Barbie - the Icon . All'anagrafe è Barbara Millicent Roberts, ha 56 anni e non li dimostra. Nulla possono contro di lei gli anatemi di proto e tardofemministe, genderisti, ayatollah iraniani e turboambientalisti ( Ken molla Barbie perché distrugge le foreste , campagna Greenpeace). Barbie incassa ogni colpo e va avanti. Le vendite calano, le bambine reclamano il tablet , ma le super ammiccanti Bratz e Winx degli anni Duemila - labbra a canotto, chewing gum in bocca e ombretto azzurrissimo - non sono che una involgarita imitazione. Stanno a Barbie come Miley Cyrus sta a Madonna.

Barbara Roberts è alta, bionda, non ingrassa mai d'un etto, possiede un pony e una villa da sogno a Malibu, viaggia su camper e decappottabili rosa. Ha un fidanzato bellissimo di nome Ken che sta con lei dalla notte dei tempi e non l'ha mai tradita, mentre lei, in una pausa di riflessione, si è concessa un flirt con il muscoloso surfista Blaine, cose che capitano. Nel 1985 Andy Warhol la immortala in un ritratto biondissimo e sensuale, lei non si monta la testa. Nei Paesi arabi è vista come il demonio. L'Arabia saudita l'ha messa al bando perché «simbolo della decadenza del perverso occidente». Ora che Milano si appresta a ospitare la mostra pop curata da Massimiliano Capella e prodotta da 24ORECultura , diversi italiani - senza ascendenze arabe - storcono il naso.

«È simbolo della superficialità occidentale», contesta un consigliere comunale di Sel. «Quando me l'hanno detto, credevo che fosse uno scherzo. Così si rischia di compromettere il profilo di un museo appena nato», ammonisce l'ex assessore alla Cultura Stefano Boeri. Lei non dà retta ai predicatori, islamici o meneghini che siano. Nel 2015 ha imparato a cinguettare su Twitter dove pubblica le foto in giro per il mondo, dispensa consigli per vestire alla moda e realizzare i propri sogni. Barbie è anche questo: una paladina dell' empowerment femminile. Nel 1965 è la prima donna astronauta, a differenza di Samantha Cristoforetti lei mette piede sulla Luna. È ingegnere informatico, chirurgo, insegnante, pilota, campionessa di nuoto, paleontologa, architetto, giornalista, ambasciatrice Unicef, nel 1992 si candida alla presidenza degli Stati Uniti d'America. Ci riprova, senza successo, negli anni a seguire. Nel 2012, in occasione dell'ennesima candidatura, indossa un tailleur rosa disegnato da Chris Benz, uno degli stilisti preferiti da Michelle Obama, ai piedi porta un paio di zeppe perché, se diventi comandante in capo delle forze armate americane, devi star comoda.

Incarnazione pop della scalata delle donne al potere, Barbie ribalta un insidioso stereotipo maschile: lei è una donna che non vuole somigliare ai maschi per fare carriera. Barbie è femmina, sfoggia la chioma fluente, adora lo shopping e porta a passeggio il suo barboncino con indosso un tailleur rosa shocking . Barbie insegue il successo sui tacchi a spillo senza rinunciare al picnic con le sorelle o al weekend romantico con Ken. I sacerdoti del gender la accusano di ingabbiare le bambine in stereotipi di genere; a Natale, al posto di spade e bambole, dovremmo regalare giocattoli genderless , sessualmente neutrali. E dire che a inventare Barbie fu Ruth, la moglie di Elliot Handler, cofondatore della casa produttrice Mattel: al marito suggerì di creare una bambola donna perché la figlia Barbara imitava ruoli da adulti con le bambole raffiguranti all'epoca solo neonati. Nessuna costrizione ma una evidente inclinazione naturale.

Non ci credete? Provate a togliere a una bambina la sua Barbie.

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