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Base, minoranza e sindacati: parte la resa dei conti nel Pd

Nella rossa Emilia Romagna il Pd brucia 700mila voti. I militanti si interrogano: "Dov'è finita la base?". A influire anche il boicottaggio dei sindacati e il crollo delle tessere

Base, minoranza e sindacati: parte la resa dei conti nel Pd

"Il dato dell’astensione è molto alto e deve far riflettere tutti i partiti. Ma i risultati vanno molto bene al Pd, ci siamo ripresi quattro regioni del centrodestra". Matteo Renzi parla di "risultato netto" finge di mettere da parte il vero vincitori di questa tornata autunnale di elezioni regionali: l'astensionismo. Va bene, i dem si sono portati a casa Emilia Romagna e Calabria. Va bene, il premier non ha sfigurato le percentuali bulgare incassate alle europee. Va bene, i risultati di due Regioni non fanno l'Italia. Ma c'è un ma che, mentre lo spoglio si faceva via via più concreto, allarma i vertici del Pd. Se da una parte la minoranza dem accusa il premier di "aver sbagliato tutto", dall'altra monta l'incubo della base che, su indicazione dei sindacati, ha tradito il partito proprio nella roccaforte rossa.

Nella terra delle Feste dell’Unità, delle cooperative rosse, dei comunisti che sopravvivono alla rottamazione renziana, i militanti sono rimasti a casa. Una vittoria mutilata, insomma. Che i sondaggisti avevano ventilato da diversi giorni. Perfino Romano Prodi, che in mattinata aveva lanciato un appello alla partecipazione, ha sbottato davanti ai numeri. "È un dato preoccupante...", ha ammesso scuotendo la testa. Il Movimento 5 Stelle, che si era inebriato della vittoria di Federico Pizzarotti a Parma, è un miraggio. Non preoccupa più. Adesso a togliere il sonno a Renzi - anche se non lo ammetterà mai - è la Lega Nord di Matteo Salvini. Il centrodestra che avanza. "Se loro stanno arrivando, noi aspetteremo - dice ai microfoni del Gr1 - mentre il centrodestra discute della propria situazione noi cambiamo l’Italia". Ma il vero nemico del premier è proprio il "suo" Pd. In Emilia Romagna ha perso 700mila voti, facendo così vincere il partito del "non voto". Un malessere profondo che ha unito il 60% dell'elettorato. Così, appare già chiaro le regionali in Emilia-Romagna e Calabria non potranno non avere una qualche ricaduta sulla mappa dei partiti e sullo stesso dibattito politico nazionale.

I motivi dell'elevato astensionismo sono plurimi e contano (anche, ma non solo) le inchieste giudiziarie che negli ultimi mesi hanno martoriato entrambe le Regioni. Dalle "spese pazze" in Emilia-Romagna allo scandalo che, il 29 aprile scorso, costrinse alle dimissioni l’ex presidente calabrese Giuseppe Scopelliti. Vicende che hanno certamente allontanato gli elettori dalle urne ma che non spiegano del tutto un'astensione choc destinata a irrompere nel dibattito politico. All'interno del Pd è già partito il processo al premier. Non è, infatti, un mistero che il leader della Fiom emiliana, Bruno Papignani, abbia ordinato ai suoi il boicottaggio del candidato piddì Stefano Bonaccini. Anche nella Cgil, che in Emilia Romagna può contare su 800mila iscritti, ha voluto punire gli attacchi di Renzi al segretario Susanna Camusso. "La gente non va a votare perchénon si sente rappresentata da nessuno - spiega il leader della Fiom Maurizio Landini - vedo una partecipazione agli scioperi senza precedenti e vedo una domanda di partecipazione che dovrebbe avere una risposta".

"Questi risultati sono disarmanti - tuona il ribelle Pippo Civati - gli elettori di sinistra non si ritrovano più nel Pd". È la fotografia del crollo delle tessere denunciato giorni fa da Repubblica. La stima parla, infatti, di circa 100mila iscritti. Nel 2013, invece, si contavano 539.354 tessere. È la fotografia di un partito che, pur essendo in piena salute in termini di voti, praticamente non ha più base. "Mamma, ho perso la base...", ironizza un piddino in Emilia Romagna. Ma da ridere c'è davvero poco. Lorenzo Guerini, il vice segretario del Pd, fa quadrato attorno al premier. E replica: "Il crollo della partecipazione è un dato che consegna a tutti un elemento di preoccupazione. Ma non vanifica una vittoria netta, con il Pd sopra il 40%".

Percentuale che, a differenza di quella incassata alle europee, lascia l'amaro in bocca.

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