Magistratura

"Basta attacchi politici alla memoria del Cav. Noi non staremo zitti"

Il senatore di Fi: "Silvio ha combattuto la mafia più di tutti. I pm offendono gli eroi"

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«Basta, non se ne può più - dice Maurizi Gasparri - vadano a fare un altro lavoro, vadano alla Paramount a fare film, sarebbero più credibili e farebbero meno danni». Nel mirino del senatore di Forza Italia ci sono ovviamente «loro»: i pubblici ministeri protagonisti dell'assedio trentennale a Silvio Berlusconi, e che anche dopo la morte del Cavaliere non mollano la presa indagando su di lui per il tramite di Marcello Dell'Utri per le stragi del 1993.

«A lungo la nostra scelta - dice Gasparri - è stata di non polemizzare con questa inchiesta per non darle visibilità e alimentare polemiche. Ma è venuto il momento di reagire. È un contributo di verità che dobbiamo alla memoria di Berlusconi e a Marcello Dell'Utri che è ancora vivo. Si mettano l'anima in pace, non ci priveranno del diritto di parlare davanti al Paese».

Per dire cosa?

«Questa è una inchiesta con finalità politiche, un esempio evidente di fare politica per via giudiziaria. E per averne la prova basta mettere in fila i fatti. Prima tentarono di coinvolgere Berlusconi e Dell'Utri nelle indagini sulle stragi del 1992, Capaci e via D'Amelio, e ovviamente non trovarono niente. Adesso riportano avanti lo stesso schema spostato di un anno, le bombe di Milano e di Firenze, l'attentato a Costanzo. Roba talmente inimmaginabile che ho fatto una interrogazione al ministro chiedendo se non sia il caso di mandare i suoi ispettori a Firenze. Mi ha detto di no con una nota scarna. Forse non si vuole alimentare lo scontro. Ma intanto lo scontro c'è e chi lo cerca è dall'altra parte».

Per esempio?

«Ho visto le dichiarazioni alla Stampa di Fabio Granata, uno che ha avuto una esperienza politica fallimentare al seguito di Fini, e che torna a riproporre le solite bugie sulla genesi di Forza Italia lamentandosi per l'assoluzione di Dell'Utri e dei generali Mori e Subranni nell'inchiesta Stato-Mafia. Stiamo parlando di Mario Mori, un eroe che invece che medaglie ha avuto processi su processi. Io chiedo: quanti veri mafiosi sono liberi perché non si indagava su di loro per concentrare risorse gigantesche in queste indagini sul nulla? Mentre invece l'inchiesta di Mario Mori e Paolo Borsellino su mafia e appalti, l'indagine che fu il movente dell'uccisione di Borsellino, venne archiviata dalla procura di Palermo mentre in via d'Amelio le macerie fumavano ancora».

Nessuno è infallibile.

«Ma c'è un limite a tutto. Il dottor Di Matteo era a Caltanissetta quando per la strage Borsellino vennero arrestati a fatti condannare degli innocenti. Quanti bonus hanno, qual è il numero di errori che possono commettere, la reputazione di quante persone possono distruggere prima di essere chiamati a renderne conto e mandati a fare un altro mestiere?».

Attraverso l'indagine su Dell'Utri, a Firenze vogliono dimostrare che fu la mafia a spianare col tritolo la strada a Berlusconi.

«Già, in cambio di cosa? Berlusconi ha combattuto la mafia più di chiunque altro, io ero al governo quando ha reso definitivo il 41bis che era provvisorio, ero capogruppo quando ha reso molto più severe le norme sulla confisca dei beni ai mafiosi. Oggi invece di ammettere tutto questo, di dire che non ci fu nessuna trattativa e che Di Matteo e gli altri hanno sbagliato tutto si preferisce dire che la sentenza di assoluzione è un errore giudiziario. D'altronde in questo paese accade una cosa strana».

Cioè?

«Tutti i procuratori nazionali antimafia quando finiscono il mandato diventano deputati della sinistra: Grasso, Roberti, Cafiero de Raho. Adesso il procuratore è Giovanni Melillo, che era capo di gabinetto del ministro Pd Andrea Orlando.

Vediamo come va a finire».

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