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"Basta micro-scioperi selvaggi". Aziende di trasporti in rivolta

Parte dall'Atm di Milano la richiesta di una stretta: no a minoranze che ledono il diritto dei cittadini a muoversi

"Basta micro-scioperi selvaggi". Aziende di trasporti in rivolta

L'ultimo sciopero generale dei trasporti pubblici, lo scorso 25 ottobre, era convocato dal Sindacato generale di Base e dalla Confederazione unitaria di base trasporti (Sgb e Cub) per «l'aumento dei salari, il recupero dell'evasione fiscale», per «un piano nazionale di risanamento e difesa dell'ambiente», contro i decreti 1 e 2 di Salvini, per lo ius soli, il no ai respingimenti, la chiusura dei Centri di permanenza per i rimpatri dei clandestini e «per abolire le diseguaglianze sociali, economiche, di genere e nei confronti degli immigrati». Esclusa la pace nel mondo. Percentuale di adesione a Milano: 15%. Un flop, ma l'effetto annuncio era bastato a creare l'effetto di un venerdì nero sulle strade: i pendolari avevano preso l'auto e intasato il traffico. E oggi nel capoluogo lombardo si replica.

Scatta un altro sciopero, l'undicesimo dall'inizio dell'anno, bus e metropolitana a rischio dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine servizio, questa volta si astengono solo i Cub. E Arrigo Giana, che è presidente di Agens (l'Agenzia confederale dei trasporti e servizi che raccoglie le imprese del settore, che occupa 34mila dipendenti) ma anche direttore generale di Atm che gestisce i mezzi pubblici a Milano avverte che «è il momento di un cambio radicale, serve una svolta, è ora di parlare anche del diritto a muoversi dei cittadini. Bisogna affrontare in modo costruttivo il tema degli scioperi rivedendo le norme e aggiornandole alle attuali esigenze di mobilità delle città». Giana non mette in dubbio che «la priorità sia certamente continuare a garantire il diritto legittimo di scioperare, ma allo stesso tempo vanno tutelati gli spostamenti di milioni di cittadini che ogni giorno usano i mezzi per andare al lavoro, a scuola o per raggiungere ospedali». E «il tema della rappresentanza sindacale è cruciale: le aziende non possono essere ostaggio di minoranze che non hanno rappresentatività nel settore ma hanno il potere di paralizzare le città».

Nel 2019 le agitazioni di maggior successo a Milano sono state quelle dell'8 marzo e del 24 luglio, con il 17% di adesione tra i dipendenti Atm, la punta più bassa il 6 settembre con il 7%. Come associazione di categoria, riferisce Giana, «stiamo lavorando a una proposta di legge che prevede la proclamazione dello sciopero solo da parte di sindacati che hanno una rappresentatività congrua tra i lavoratori. Così le componenti sindacali che raccolgono più consenso sarebbero anche più legittimate». Il presidente di Agens introduce altri punti critici, da trattare nel Pdl. «Le aziende sono tenute a dare larga diffusione di uno sciopero almeno 5 giorni prima ma non possono informare la clientela sulle possibili ricadute reali. Chiediamo di introdurre l'obbligo individuale di comunicare all'azienda l'adesione almeno il giorno prima, per poter orientare le scelte dell'utenza. Mi sembra una regola di buonsenso e di convivenza civile, se è sacrosanto il diritto di scioperare, lo è anche quello dei cittadini di organizzare gli spostamenti, il lavoro e la vita». E paletti andranno fissati sulle motivazioni. Concorda il sindaco Beppe Sala: «Ha assolutamente ragione. Di scioperi generali ce n'è uno ogni tanto e siamo funestati da questi micro scioperi che creano disagio. La dimensione del personale è settata sul giusto, non abbiamo eccedenze e non potremmo permettercele, basta un 10% in meno per creare un disagio enorme». Si unisce Marco Piuri, ad di Trenord che gestisce i treni lombardi: «Lo sciopero è un diritto costituzionale sacrosanto ma non può soffocare il diritto alla mobilità.

E sparute minoranze, come spesso accade, non possono generare tanta incertezza».

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