Politica

Battisti, l'estradizione è vicina 30 anni invece degli ergastoli

Trattative avanzate tra i due Paesi. Già pronto l'aereo Il documento ufficiale è in arrivo e Temer è favorevole

S ono ore decisive per l'estradizione di Cesare Battisti, mai così vicina come adesso per tutta una serie di motivi, giuridici ma soprattutto politici e persino geografici. Il latitante più famoso d'Italia rimane infatti da mercoledì recluso in una cella di Corumbá, ai confini con Bolivia e Paraguay, una zona di Triplice Frontiera lontana anni luce dai lussi della capitale Brasilia o di San Paolo. Dove se fosse stato catturato, sicuramente i suoi amici della sinistra lulista si sarebbero già precipitati al suo capezzale di menzogne per ribadire i soliti concetti strampalati, ovvero che Battisti è innocente, condannato da una giustizia fascista di un Paese delle banane chiamato Italia.

Per fortuna a volte la realtà fattuale si fa beffe di quella virtuale e allora ecco che spunta Corumbá - una città da Far West snodo di una delle rotte più importanti al mondo nel narcotraffico contemporaneo - e che pur essendo in Brasile per ovvi motivi non attira molto i signori di cui sopra, anche perché tutti costoro - chi più come Lula, chi meno sono alle prese con gravi accuse di corruzione e associazione a delinquere, altro che pensare a difendere Battisti. A un passo dal paradiso di impunità boliviano che il pluriomicida sognava, in attesa che il presidente Michel Temer togliesse il disturbo il 31 dicembre 2018, purtroppo per lui, invece, le cose si sono davvero messe male. Malissimo e, se l'Italia saprà giocare per bene le sue ultime carte senza troppe interviste bensì agendo coi fatti necessari nulla vieta che già per l'Angelus di domani il terrorista di Cisterna di Latina possa atterrare a Roma. Ammanettato.

La polizia federale brasiliana ha infatti già pronto un aereo per riportare in Italia Battisti direttamente da Corumbá e perché Temer firmi il decreto di estradizione mancherebbero pochi dettagli. Il più importante è già arrivato a destinazione, ovvero la promessa scritta dalle nostre massime autorità indirizzata alla Corte Suprema nella persona del ministro che si occupa del caso Battisti, Luiz Fux, e alla presidenza verdeoro - che, se estradato, al terrorista non sia comminata la pena dell'ergastolo (non prevista dall'ordinamento brasiliano) bensì al massimo 30 anni.

Il resto è solo una decisione politica in mano a Temer che, secondo gli ultimi sondaggi, è a livelli di gradimento bassissimi, appena un 7%. Dopo avere posto il veto ieri su un'iniqua proposta di legge che voleva censurare internet in vista delle elezioni del prossimo anno veto che ha già fatto aumentare il suo gradimento popolare secondo fonti autorevoli del quotidiano O Globo, Temer potrebbe avere già firmato il decreto per concedere l'estradizione di Battisti quando i lettori de Il Giornale oggi leggeranno quest'articolo. A quel punto il tempo di trasferire Battisti da Corumbá in Italia e sarà finalmente la fine dell'incubo per le vittime del terrorista.

Il motivo per cui Temer vuole firmare il decreto è semplice: la stragrande maggioranza dei brasiliani, con percentuali bulgare, vuole che il pluriomicida italiano sia estradato. Lo stesso obiettivo ha il nostro premier Gentiloni sempre per motivi al di là delle dichiarazioni di principio di immagine e di gradimento popolare. Semplice dunque, almeno in teoria, anche perché dal punto di vista giuridico la Corte Suprema brasiliana si è già espressa sul caso quando, dopo avere votato a favore dell'estradizione, decise però di lasciare l'ultima parola al presidente.

Che nel 2010 era Lula, ora ad un passo dal carcere, e oggi, invece, è Temer, alla ricerca disperata di salire nei sondaggi.

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