Interni

Bergamo, il pm accusa: "Si potevano evitare oltre 4mila morti". Conte: "Io parlerò ma non faccio show"

La procura attacca: "Mai applicato il piano pandemico"

Bergamo, il pm accusa: "Si potevano evitare oltre 4mila morti". Conte: "Io parlerò ma non faccio show"

«Non potevamo archiviare di fronte a 4mila morti che potevano essere evitati». Nella sintesi del procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani si nasconde il cuore dei tre anni di indagine dei quattro pm Silvia Marchina, Paolo Mandurino, Guido Schininà e Emma Vittorio. Non sospetti ma carte, non illazioni ma prove, non congetture ma fatti. L'inchiesta non piace alla stampa di sinistra, che in questi anni ha sottovalutato la portata di queste indagini e oggi ne lamenta l'uso strumentale. Sarà il gip ad archiviare o eventualmente un processo a stabilire se davvero l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza (che saranno processati da un apposito Tribunale dei ministri a Brescia) hanno contributo, in concorso con gli altri 17 indagati tra cui i membri del Cts e i vertici di Regione Lombardia, a «far esplodere il contagio, causando la morte di migliaia di persone» tra cui medici non addestrati o sprovvisti di mascherine. Le stesse che il governo con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio regalava alla Cina.

Piano Pandemico

La Procura è convinta che la colpa di Conte e Speranza sia la mancata applicazione del Piano pandemico 2006, colpevolmente non aggiornato. Il piano non è un documento ma un protocollo che avrebbe dovuto mettere in moto «n» dinamiche: quali codici Ateco dovevano chiudere e quali no, chi doveva convertire la sua produzione in mascherine (come ha fatto Fiat) da vendere allo Stato a prezzo calmierato, come gestire scuole e servizi. A convincere Conte e Speranza a non applicarlo, nonostante gli obblighi Oms del 2014 e del 2017, le raccomandazioni e gli alert lanciati da Oms e Pan American Health Organization, fino alla definizione Oms del 31 gennaio 2020 del coronavirus come «un'emergenza internazionale di sanità pubblica», secondo la ricostruzione dei pm fu il direttore dell'Iss Silvio Brusaferro (confermato nel ruolo dal ministro Orazio Schillaci). «Non è nei poteri del presidente Iss adottare piani pandemici o dar seguito alla loro esecuzione», fa sapere l'entourage del dirigente, quasi a smarcarsi da Conte. A sottolineare l'assenza del piano fu il report indipendente dell'Oms, ritirato 24 ore dopo la pubblicazione grazie a un'intesa tra l'entourage di Speranza e l'ex dg della Salute Ranieri Guerra, numero due Oms, indagato per false dichiarazioni ai pm. Da quel report di Francesco Zambon che inchiodava Conte e Cts, ritrovato dall'ex consulente dei legali delle vittime della Bergamasca Robert Lingard, è partita l'indagine di Chiappani. Conte replica ai pm invocando i suoi meriti: «L'Italia ha lottato a mani nude». Ma l'arma era il piano pandemico. Quello «nuovo» è ancora inapplicabile, segno che dalla lezione Covid non abbiamo imparato nulla. «Ben vengano le verifiche giudiziarie in corso. Risponderò nelle sedi opportune ma non vi aspettate da me show mediatici», promette il leader M5s. Ma il rischio che il processo light e atipico di Brescia porti a un nulla di fatto è altissimo.

Regione Lombardia

Il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana è accusato assieme a Conte di aver omesso di adottare «le misure di contenimento e gestione adeguate e proporzionate all'evolversi della situazione», cioè il Piano pandemico regionale. Se Conte non lo applica, avrebbe dovuto farlo Fontana? Con che margini operativi? In realtà tra il 27 e il 28 febbraio 2020 il governatore chiede una zona gialla «rafforzata», tanto che sul Corriere della Sera il direttore Luciano Fontana se ne duole, ma tant'è. Stessa accusa per l'ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera e l'ex dg Luigi Cajazzo, colpevoli del mancato censimento di Dpi e mascherine e del mancato monitoraggio dei posti letto in Malattie infettive, da fare mensilmente. Tanto che i familiari delle vittime del Pio Albergo Trivulzio hanno chiesto lumi alla Procura.

Cts e Zona rossa

Conte, Speranza, Cts e Fontana il 26 febbraio 2020 sottovalutarono i numeri del contagio in Val Seriana, persino l'ulteriore incremento registrato il 29 febbraio e il 1 marzo 2020? Perché il Cts chiese la chiusura dell'area tra Alzano e Nembro solo il 2 marzo 2020? Perché non prima? Eppure dalle carte in mano ai pm emerge che già a partire dal 28 febbraio 2020 il Cts era a conoscenza dello «scenario più catastrofico». Eppure Silvio Brusaferro, Franco Locatelli e Agostino Miozzo dissero «no» alla Zona rossa nonostante il report che segnava +30% nei contagi in Lombardia. Quel no sottoscritto da Conte per la Procura «ha determinato una diffusione incontrollata del Covid e un'impennata dei morti», non meno di 4.148 stando alla perizia del senatore Pd Andrea Crisanti su cui ruota il presunto «nesso eziologico».

Mascherine e Dpi insufficienti

All'ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli e al direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero Claudio D'Amario, indagati per epidemia colposa e rifiuto di atti d'ufficio, la Procura contesta tra l'altro l'assenza di protocolli di sorveglianza per i viaggiatori provenienti dalla Cina e di non aver verificato la dotazione di guanti, mascherine Ffp2 e Ffp3, tute e sovrascarpe per il personale sanitario.

Asl Bergamo e Alzano

La colpa del dg dell'Asst BergamoEst Francesco Locati, del direttore sanitario Roberto Cosentina e del dirigente del Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo Giuseppe Marzulli è l'assenza di mascherine e guanti e la mancata vigilanza sui protocolli di vestizione. Locati avrebbe mentito sulla «sanificazione degli ambienti». A Marzulli viene contestata anche l'epidemia colposa, l'omicidio e le lesioni colpose per i mancati screening radiologici Tac a 25 pazienti, circostanza che avrebbe cagionato il contagio di 35 dipendenti (due sono morti), sprovvisti dei «necessari e idonei dispositivi di protezione individuale» e non sufficientemente formati sulle procedure. Alcuni manager avrebbero anche mentito sull'isolamento dei pazienti in Pronto Soccorso.

Quel che non torna

Perché i sindaci di Milano, Bergamo e Alzano non sono stati indagati? Se è ipotizzabile che la Regione potesse chiudere in autonomia la Zona rossa in Val Seriana, lo stesso avrebbero potuto fare i primi cittadini dei Comuni travolti dall'ondata di contagi.

Che invece preferirono lanciare le campagne #Milanononsiferma e #Bergamononsiferma. Se è vero che Piacenza è la prima provincia nel rapporto morti-contagi, più di Bergamo, perché il governatore emiliano Stefano Bonaccini non è mai stato indagato dalla Procura di Bologna?

Commenti