Politica

Berlusconi avverte Renzi: «Tre Regioni a noi e tu a casa»

La Paita è in grande difficoltà, in arrivo a Genova il soccorso rosso della vecchia Ditta Il leader azzurro sul palco tira la volata finale a Toti: «Mi sento che ci saranno sorprese»

R enzi non basta, in Liguria scende in campo la vecchia Ditta Pd per fugare lo spettro di una scissione a sinistra, direttamente dentro le urne, nel voto più caldo della tornata. Arriva l'ex capogruppo Roberto Speranza a braccetto della candidata Raffaella Paita, in un tour chirurgico nei quartieri rossi di Genova, e subito dopo l'ex segretario Bersani (insieme al ministro Orlando) in giro tra roccaforti ex diessine mai convertite al renzismo, per convincerli a votare il Pd del pur non amato Renzi, piuttosto che il candidato della sinistra in quota Civati, Luca Pastorino, i nuovi bertinottiani ( copyright del premier) che giocano a far perdere il Pd. In attesa degli ultimi botti col quarto ritorno - ma non è detto - di Renzi con le lady piddine (Boschi, Madia, Serracchiani, Pinotti) riunite per chiudere la campagna elettorale della Paita, a Genova torna per la seconda volta Silvio Berlusconi, per tirare la volata al suo Giovanni Toti, candidato di un centrodestra ricompattato come una volta, modello in miniatura del progetto nazionale su cui l'ex premier si è rimesso all'opera («il mio progetto folle, un sogno»).

Si parla di un'incollatura tra Toti e Paita, tanto che i sondaggi nemmeno più si fanno, perché il margine di errore fisiologico sarebbe più ampio della forbice che li separa. Berlusconi si affida all'istinto, «sento che ci saranno delle sorprese» dice dopo essere entrato nella saletta tutta stucchi e specchi del Bristol Palace Hotel con in braccio una bimba (lo show continua con battute sulle difficoltà di parcheggio della leghista Sonia Viale, sulle foto chieste dai fan, «stamattina ne ho fatte 350», e sui metodi per convincere Toti a correre in Liguria: «Lo abbiamo chiuso in un bagno e gli abbiamo detto: se non ti candidi rimani qui dentro»). L'obiettivo è vincere in tre Regioni («ma io spero anche in una quarta»), a partire proprio dalla Liguria da cui iniziò il suo tour nel 2000 quando il risultato delle Regionali costrinse l'allora premier D'Alema («anche lui a Palazzo Chigi da non eletto») a gettare la spugna. «Se vinciamo qui la vedo brutta per il signor Renzi, sarà il Pd a farlo dimettere». La sfida per Berlusconi, quasi più che contro i comunisti, stavolta è mirata ai «professionisti della politica» (ad Alfano ronzano le orecchie: «La mia è una poltrona di chiodi, non prendo stipendio per fare il ministro»), che specie nelle Regioni rosse - vedi l'intreccio con le coop - come la Liguria hanno creato «enormi poltronifici, centinaia di migliaia di persone che lavorano per il potere locale», stipendi assicurati per gente che fa politica «per il proprio tornaconto, mentre chi come noi viene dal mondo delle professioni e dell'impresa, la fa per rendersi utile al Paese». Le conseguenze dei «mestieranti» della politica sono le tasse locali spinte al massimo per mantenere le clientele, e il leader cita «le addizionali comunali, le tasse regionali e le accise sulla benzina che sono a livelli altissimi in Liguria», mentre nei 10 anni di governo di centrosinistra «il Pil regionale non è neppure stato al passo con quello nazionale», raggiungendo livelli record di disoccupazione giovanile (uno su due). È indispensabile un cambiamento, «lo spiega anche la scienza dell'organizzazione aziendale, si aumenta la produttività e diminuiscono i costi, e una Regione è come un'azienda». L'appello è rivolto soprattutto agli indecisi, «che sono tutti elettori nostri, perché quelli di sinistra sono militarizzati: un voto alla sinistra è da masochisti, ma anche non andare a votare è una colpa grave, addirittura un reato contro i propri interessi di cittadini».

Se riuscisse l'impresa sarebbe un viatico per il partito dei moderati, «che abbiamo definito partito Repubblicano ma non si chiamerà così, che avrà un leader scelto magari con una convention all'americana o con delle primarie, purché regolate da una legge dello Stato, altrimenti diventano solo degli imbrogli». Poi il comizio in piazza con Toti, il giorno dopo quello di Salvini - con tutto il centrodestra sul palco - in piazza De Ferrari, preso di mira dai petardi dei soliti centri sociali.

Quando si ne parla Berlusconi apre e chiude una parentesi: «Fosse per noi, sarebbero i carabinieri a tirare i petardi a questi imbecilli».

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