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Berlusconi dà la linea ai suoi: avanti ma senza diktat del Pd

Il Cavaliere conferma l'accordo: «La sinistra potrebbe dividersi, il Patto del Nazareno va rispettato ma non accettiamo imposizioni». E Romani apre: si può chiudere a gennaio

Berlusconi dà la linea ai suoi: avanti ma senza diktat del Pd

B erlusconi predica calma e gesso. Nella seconda giornata dedicata all'incontro serale con i deputati per gli auguri di Natale al ristorante «Checco dello scapicollo», il Cavaliere ribadisce: «Avanti con le riforme ma senza imposizioni da Renzi». E parla del prossimo capo dello Stato, tema caldo di giornata: «Forza Italia è l'unica forza credibile oltre al Pd e dunque bisogna continuare il lavoro. Il Paese ha bisogno di riforme e il patto del Nazareno, che prevede che il futuro capo dello Stato sia di nostro gradimento, va rispettato». Escluso pure un capo dello Stato tecnico che «il Parlamento non voterebbe». Parla di riforme ma anche del Pd: «È immaginabile che il Pd si divida. Molti di loro si sentono derubati del proprio partito». Non nasconde che i sondaggi, ora, non sono entusiasmanti ma «siamo al 16%, la Lega all'11% e la coalizione di centrodestra al 36%. Uniti possiamo vincere. È ora di tornare a correre». L'hatout? Se stesso: «A febbraio tornerò operativo. E con me torneranno i voti». Una parola anche per Salvini: «È un politico di professione ma è efficace ed è simpatico, oltre che tifoso del Milan».

Ma è la rotta sulle riforme il messaggio forte, specie in una giornata caratterizzata dalla solita partita a scacchi sui tempi: il premier vuole fare in fretta e minaccia di fare da sé; Berlusconi accetta di rimanere in partita ma respinge i diktat del piddino. Un mercoledì di ordinaria tensione acuita dal capogruppo azzurro di Montecitorio, Renato Brunetta. Il quale, in conferenza dei capigruppo, ha incrociato le lame con il collega del Pd. La sua richiesta esplicita: prima si sciolga il nodo del successore di Napolitano e poi si affrontino le questioni relative alle riforme istituzionali. Proposta respinta: senza prima un passo indietro ufficiale del capo dello Stato non si può. E il patto del Nazareno è tornato a scricchiolare rumorosamente. Forse Brunetta s'è spinto un po' troppo in là e pare che sia Verdini sia alcuni molto vicini all'ex premier, siano corsi a metterci una pezza per impedire lo strappo definitivo al Nazareno. E Paolo Romani, capogruppo in Senato assicurava: «Siamo d'accordo nel concludere il percorso delle riforme costituzionali e della nuova legge elettorale, ma riteniamo che questo debba essere fatto all'interno degli strumenti tradizionali del Parlamento». Poi, la precisazione: «Ma questo non vuol dire che non si possa concludere questo percorso entro gennaio o anche nella prima metà del prossimo mese».

Insomma, Berlusconi ci sta ancora, a patto che Renzi non esageri a tirare la corda e nonostante Brunetta scalpiti e cerchi lo scontro con il Pd. «Riforme e presidenza della Repubblica sono su due piani da tenere ben distinti. Nessuno scambio e nessun ricatto può essere accettato», è il tweet del piddino Roberto Speranza, irritato perché secondo lui Forza Italia «fa melina». «Melina a chi? Renzi ha bloccato la legge elettorale in Senato per 8 mesi. Perché tanta fretta se si vota nel 2018?».

Berlusconi rimane assestato sulla linea della «responsabilità con schiena dritta» ma è ormai chiaro che a pezzi di partito il Nazareno sta troppo stretto.

Ed è sempre Brunetta, attraverso il suo quotidiano Mattinale , a colpire anche il presidente della Repubblica che martedì aveva blindato il percorso di riforme: «Il capo dello Stato assume il ruolo ambito di segretario del Pci-Pds-Ds-Pd ed esce dai binari istituzionali travolgendo Costituzione e Parlamento».

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