Guerra in Israele

Biden chiama Netanyahu. Il capo Cia a Tel Aviv. "Fermate il blitz militare". A rischio l'invio di armi

Joe Biden torna a parlare con Benjamin Netanyahu ribadendo le sue preoccupazioni circa l'invasione a Rafah

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Joe Biden torna a parlare con Benjamin Netanyahu ribadendo le sue preoccupazioni circa l'invasione a Rafah. Dopo l'inizio dell'operazione israeliana per evacuare circa 100mila persone dalla città in vista del previsto assalto di terra, il presidente americano ha parlato al telefono per circa mezz'ora con il premier, sottolineando che raggiungere un cessate il fuoco con Hamas è il modo migliore per proteggere la vita degli ostaggi detenuti a Gaza. Biden, ha riferito la Casa Bianca, ha «riaffermato la sua posizione chiara su Rafah», e Netanyahu ha accettato di garantire che il valico di Kerem Shalom, chiuso domenica dopo l'attacco di Hamas che ha ucciso 4 soldati, sia aperto per l'assistenza umanitaria a chi ne ha bisogno.

L'annuncio di Tel Aviv sull'evacuazione a Rafah è arrivato nonostante Washington abbia ripetutamente affermato di non sostenere l'offensiva nel sud della Striscia di Gaza senza un piano globale e credibile per aiutare i civili. «Abbiamo chiarito al governo israeliano le nostre opinioni su una grande operazione di terra, e continuiamo a credere che un accordo sugli ostaggi sia il modo migliore per preservare la vita di questi ultimi ed evitare un'invasione nella città dove sono rifugiate più di un milione di persone», ha spiegato un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa. Il direttore della Cia William Burns, nel frattempo, è arrivato ieri da Doha (Qatar) in Israele per incontrare Netanyahu a Gerusalemme, con l'obiettivo di spingere le parti a tornare al tavolo dei negoziati e chiudere l'accordo. Il leader di Hamas Ismail Haniye in serata ha fatto sapere che la fazione islamica «accetta» la proposta di mediazione di Qatar e Egitto, e ora «la palla è nel campo di Israele».

La scorsa settimana, intanto, l'amministrazione Biden ha bloccato una spedizione di munizioni Usa in Israele per la prima volta dal 7 ottobre: a confermare la notizia di Axios è stato il Consiglio per la sicurezza nazionale, pur precisando che «la politica di sostegno ad Israele non cambia». «Gli Stati Uniti hanno donato miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza di Israele dopo gli attacchi di Hamas, hanno approvato il più grande stanziamento supplementare mai realizzato e hanno guidato una coalizione senza precedenti per difendere Israele dagli attacchi iraniani», ha sottolineato un portavoce, assicurando che Washington continuerà a fare ciò che è necessario per garantire che l'alleato possa difendersi dalle minacce. Tuttavia, la mossa avrebbe sollevato serie preoccupazioni nel governo dello Stato ebraico.

Sul fronte dell'operazione a Rafah, l'Autorità nazionale palestinese ha lanciato un appello agli Stati Uniti «a intervenire immediatamente per impedire un massacro», mettendo «in guardia dalle sue pericolose ripercussioni». E per l'Onu l'ordine di evacuazione impartito dall'Idf è «disumano». Da Bruxelles, invece, l'alto rappresentante dell'Ue Josep Borrell ha avvertito che «gli ordini di evacuazione ai civili fanno presagire il peggio: più guerra e carestia. Questo è inaccettabile, Israele deve rinunciare a un'offensiva di terra. L'Ue, insieme alla comunità internazionale, può e deve agire per evitare questo scenario».

Mentre il ministero degli Esteri egiziano ha segnalato «i gravi rischi umanitari che minacciano più di un milione di palestinesi a Rafah», ha invitato Israele a dare prova della «massima moderazione» e a «evitare un'ulteriore escalation in questo momento estremamente delicato del processo di negoziati per il cessate il fuoco».

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