Cronache

Bimbi sadici con Fido? Potrebbero diventare delinquenti da grandi

La violenza nell'infanzia verso gli animali è il primo segnale di una futura devianza

Bimbi sadici con Fido? Potrebbero diventare delinquenti da grandi

«Chi non vuole bene agli animali non può volerne neanche alle persone». Potrebbe essere una delle tante frasi celebri attribuite, a torto o a ragione, a questo o quel pensatore. In realtà nessuna persona di chiara fama lo ha mai detto, ma ci sono andati molto vicini Ovidio («la crudeltà verso gli animali insegna la crudeltà verso gli uomini») e Tommaso d'Acquino («non si deve mai usare violenza verso gli animali poiché è altamente probabile che si diventi crudeli anche nei confronti degli esseri umani»).

Se non abbiamo l'imprimatur della scienza sul fatto che chi non ama gli animali non ama neanche il suo prossimo e viceversa, abbiamo invece la certezza che l'aggressività dei bambini e dei giovani nei confronti degli animali abbia, in un elevato numero di casi, gravi conseguenze sul loro futuro psicologico e comportamentale nei confronti dell'uomo e di se stessi.

Scrive Francesco Rovetto, illustre medico e psicologo dell'ateneo di Pavia, che «il rapporto del bambino con il diverso ha un ruolo fondamentale nello sviluppo psicologico dell'essere umano. I soggetti in grado di commettere atti di crudeltà nei confronti degli animali, sono in grado di indirizzare la violenza verso gli essere umani, in particolare verso i soggetti più deboli, incapaci di difendersi e maggiormente remissivi».

Negli Usa, gli studi in questa materia, si fanno intensi fin dagli anni Settanta e il loro risultato è che la crudeltà dell'infanzia per gli animali rappresenta spesso il primo segnale di avvertimento di futura delinquenza.

Infatti gli autori di crimini violenti hanno, quasi tutti, una storia di crudeltà verso gli animali nei loro profili. Albert DeSalvo, lo strangolatore di Boston, colpevole di aver ucciso 13 donne, da bambino soleva trapassare cani e gatti con le frecce del suo arco.

Ma quando è che dobbiamo realmente preoccuparci, in caso di episodi di violenza dei nostri bambini nei confronti degli animali?

I ricercatori ci avvertono che, pur non essendoci regole d'oro, l'età in cui si manifestano gli episodi di violenza è fondamentale.

Nei primi 6 anni di vita il bambino è curioso e sperimentatore dell'ambiente. Nel contempo non ha ancora sviluppato una maturità cognitiva sufficiente a capire che gli animali non devono essere usati come giocattoli e che possono soffrire. Staccare le zampe a un insetto o l'appendice di un giocattolo non cambia molto. In questi casi è sufficiente una prevenzione educativa da parte dei genitori e della scuola (eterna assente in queste materie!) per determinare comportamenti corretti.

Dai 6 ai 12 anni, la violenza diventa più grave, perché il ragazzino capisce quel che fa e nasconde un disagio psicologico profondo, spesso causato da violenze che si perpetrano in famiglia. In questo caso necessita un lavoro profondo con l'aiuto di uno psicologo.

Dopo I 12 anni, il sadismo sugli animali quasi sempre conduce a comportamenti sociopatici, come abuso d'alcol e stupefacenti o partecipazione a gang giovanili criminali. La propria autorità sul «gruppo» passa spesso per riti di violenza sugli animali e poi sui più deboli. In questo caso è mandatorio l'intervento immediato dello specialista.

Stiamo dunque molto attenti.

È nei primi anni che si gioca la «partita» del futuro.

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