Politica

Il biotestamento torna in aula (sull'onda emotiva)

Il 13 marzo il Parlamento discuterà ancora del fine vita. Dopo anni persi nelle commissioni

Il biotestamento torna in aula (sull'onda emotiva)

Roma - Testamento biologico, dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), eutanasia passiva e attiva. Il 13 marzo prossimo il Parlamento tornerà a discutere del tema del diritto alla morte. E lo farà ancora una volta condizionato dall'onda emotiva che ha accompagnato la scelta del dj Fabo di morire in Svizzera con un suicidio assistito. Come già accadde dieci anni fa il clamore del caso di Piergiorgio Welby e poi quello di Eluana Englaro indussero la politica ad affrontare un argomento che in Italia alla fine si è sempre infranto sul muro eretto dai cattolici o comunque da chi crede che la vita non sia a disposizione dell'individuo, che quindi non ha il diritto di decidere quando interromperla. Il ddl che sarà discusso dall'aula di Montecitorio si trascina da anni tra le varie commissioni e dunque avrebbe potuto essere licenziato da tempo e francamente questo appare come il momento più sbagliato per affrontarlo così come era sbagliato per lo stesso motivo discutere di testamento biologico quasi in contemporanea con l'annuncio della morte di Eluana Englaro per l'interruzione dell'alimentazione artificiale. Il Parlamento ha la grave responsabilità di aver fatto passare tutti questi anni senza aver saputo dare risposte. Il caso del dj Fabo poi spinge il confronto in un campo ancor più spinoso perché mentre per la Englaro si poteva fare riferimento ad una interruzione delle terapie in questo caso ci si trova di fronte ad un caso di suicidio assistito dove il gesto decisivo viene compiuto dal malato messo però nelle condizioni di agire dal medico. Un caso assolutamente non ammesso dalla nostra legislazione mentre la nostra Costituzione tutela il diritto del paziente a rifiutare le cure. Anche se ci si deve intendere su quello che significa cure. Idratazione ed alimentazione artificiale ad esempio per i cattolici non possono essere considerate terapie e non possono essere respinte. Il ddl che approderà alla Camera all'articolo 1 stabilisce che «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata» e che il consenso informato deve essere espresso in forma scritta. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente che però «non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali». Nell'articolo 2 si disciplinano i casi in cui siano coinvolti minori e pazienti incapaci.

Il più controverso è l' articolo 3 che definisce le Dat stabilendo che il cittadino «in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi» potrà esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari «nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali».

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