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Boldrini? Una mossa di Renzi Ecco il «risiko» dei candidati

Il nome del presidente della Camera mandato allo sbaraglio Se Pisapia molla, il Pd vorrà un renziano. Ma rischia grosso

Boldrini? Una mossa di Renzi Ecco il «risiko» dei candidati

«Laura Boldrini candidata?». La sola ipotesi lascia il centrosinistra milanese a bocca aperta. Ma la austera presidente della Camera ieri è sembrata meno divertita quando le hanno sottoposto l'indiscrezione sul presunto messaggio che le sarebbe stato indirizzato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi: «Siamo fuori da ogni realtà - ha commentato la Boldrini - facciamo dei voli pindarici, è una cosa che non esiste categoricamente. Nel modo più assoluto non mi è arrivato alcun messaggio». Insomma una smentita in piena regola.

I fedelissimi del «rottamatore» giurano che Matteo Renzi non ha ancora studiato a fondo il dossier-Milano e tenderebbe a non farlo, se emergesse una soluzione seria - che oggi, a dire il vero, ancora non c'è. Dalle parti del «giglio magico» (la cerchia più ristretta dei suoi collaboratori) fioriscono, è vero, allusioni e suggestioni. Attenzione, non sono boutade; piuttosto carte da giocare sul tavolo della politica nazionale, che oggi occupa giorno e notte il segretario del Pd. È già successo quando, nei giorni del Quirinale, Renzi ha tirato in ballo la candidatura del ministro Maurizio Lupi, parlando esplicitamente di proposte di scambio che gli sarebbero arrivate dai centristi. Allora costrinse Lupi a sfilarsi (forse definitivamente) dalla corsa. Stavolta è successa più o meno la stessa cosa con la presidente della Camera, che Renzi ha accreditato - insieme al sindacalista Maurizio Landini - come potenziale leader (di comodo?) della sinistra «alternativa».

Ma come stanno realmente le cose a Milano? Esiste, ovvio, il tema della successione. Tutti aspettano l'annuncio del sindaco, Giuliano Pisapia, e i suoi estimatori disperano ormai nel bis. A dire il vero una ricandidatura di Pisapia toglierebbe dall'imbarazzo anche il Pd, che ha molte velleità e pochi candidati spendibili in città. Se si confermasse il passo indietro di Pisapia, al Pd spetterebbe il primo passo. E qui si aprirebbe il risiko delle candidature. Prima ipotesi: i Democratici, anche per assecondare il sindaco, scelgono una figura «alla Pisapia», cioè un indipendente - si fa il nome di Mario Calabresi, ma varrebbe anche per Umberto Ambrosoli. Questo outsider potrebbe ottenere il sostegno di tutti gli «alleati» (tali solo a Milano). Ma succederà? Ieri il Pd ha festeggiato il primo compleanno del governo Renzi anche a Milano, e l'ha fatto confermando una linea molto agguerrita. Sembra insomma voler giocare la partita in proprio, con un uomo, o una donna, targato Pd. In questo caso si aprirebbero due strade: se il candidato di partito ottenesse un'investitura diretta - senza passare dalle primarie, sempre meno di moda, visti anche i recenti pasticci - è molto probabile che si spaccherebbe l'alleanza di centrosinistra, con tutto il mondo dei comitati (e di Sel) che sarebbe spinto fra le braccia di una sinistra «alla Tsipras». E l'esito del braccio di ferro non sarebbe scontato. Altro scenario invece se la strada scelta fosse quella delle primarie, imposte dalle inevitabili resistenze che incontrerebbe oggi un candidato Pd - non si parla di «pesi massimi» ma di figure come Alessia Mosca, Emanuele Fiano o Lia Quartapelle. Allora potrebbero partecipare altri aspiranti candidati come Pierfrancesco Majorino, o magari Ada Lucia De Cesaris, e Sel dovrebbe poter dire la sua. Potrebbe appoggiare il più a sinistra dei concorrenti Pd, o più probabilmente - per non sparire - presentare un candidato di bandiera, e qui si parla dell'assessore Cristina Tajani, vicina al leader Nichi Vendola. Questo aprirebbe il «vaso di Pandora» delle rivalità e delle competizioni a sinistra. E la situazione sarebbe fuori controllo per tutti.

Anche per Renzi.

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