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Bolsonaro si fa da parte. Ammette la sconfitta e "libera" le autostrade

Dopo le proteste dei camionisti e l'incubo golpe, il presidente uscente alza bandiera bianca

Bolsonaro si fa da parte. Ammette la sconfitta e "libera" le autostrade

Ieri sera, finalmente e dopo quasi due giorni di silenzio dal voto, il presidente uscente Jair Bolsonaro ha parlato alla stampa. «Comincio con ringraziare i 58 milioni di brasiliani che mi hanno votato lo scorso 30 ottobre», ha detto riconoscendo la sconfitta. Poi, indirettamente, si è rivolto ai camionisti suoi supporter, che da due giorni bloccano molte autostrade. «Gli attuali movimenti popolari sono frutto dell'indignazione e del sentimento di ingiustizia di come è stato il processo elettorale. Le manifestazioni pacifiche saranno sempre benvenute, ma i nostri metodi non possono essere quelli della sinistra, che hanno sempre danneggiato la popolazione, a cominciare dall'invasione della proprietà privata, la distruzione del patrimonio pubblico e restrizioni al diritto di spostarsi».

Subito dopo le parole di Bolsonaro, gran parte dei camionisti ha liberato le strade del Brasile, per cui risulta chissà mai esagerato il titolo, «Bolsonaro come Trump». Al momento in cui andiamo in stampa, le autostrade in 21 stati del Brasile che continuavano ad essere bloccate nonostante gli ordini della Corte Suprema per sgomberarle e nonostante gli interventi della Polizia Stradale Federale per ristabilire la viabilità, sono state quasi tutte liberate. Alcuni di questi gruppi avevano addirittura affermato che avrebbero aperto le vie di comunicazione solo in caso di un colpo di stato militare, eufemisticamente chiamato da loro intervento, con un'interpretazione assolutamente folle dell'articolo 142 della Costituzione verde-oro.

L'economia interrotta per 48 ore dai camionisti riprenderà dunque a girare e sono proprio due le sfide nell'economia che attendono il presidente eletto Luiz Inácio Lula da Silva. Una è esterna, ovvero la domanda mondiale più fragile a causa del processo di rialzo dei tassi di interesse e della possibilità di recessione in alcune delle principali economie mondiali. L'altra è interna, ossia la forte pressione nell'area fiscale, motivata da spese già sostenute dall'attuale governo e indicate dal futuro presidente, che andranno gestite con attenzione per non portare a un forte aumento del deficit e del debito pubblico.

Il PT vuole ampliare il ruolo dello Stato nell'economia e sospendere le privatizzazioni, contrariamente alle politiche del governo uscente, riattivare gli incentivi statali per il settore delle imprese, modificare la legislazione sul lavoro e sulla previdenza sociale, riformate dagli ex presidenti Michel Temer e Bolsonaro. Inoltre la Fundação Perseu Abramo, il centro politico che gestirà le decisioni di politica economica, a detta dei bene informati, intende revocare il tetto di spesa e adottare una politica fiscale più flessibile, rivedendo le aliquote delle imposte sul reddito, mantenendo il valore attuale dell'Auxílio Brasil, introdotto da Bolsonaro, ribattezzandolo di nuovo Bolsa Família e, infine, creare un bonus di 150 reais (circa 30 euro) per ogni bambino con meno di sei anni.

L'altroieri notte, intanto, dopo il colloquio con il presidente Joe Biden, Lula ha parlato a lungo al telefono anche con il dittatore del Venezuela, Nicolás Maduro, che ha annunciato su Twitter alcuni retroscena della conversazione, a cominciare dalla «ripresa dell'agenda di cooperazione bilaterale tra i nostri paesi. Apprezziamo la tua disponibilità!».

E visto che Lula ha già detto che il leader dell'opposizione venezuelana Juan Guaidó «non è più nulla», è pressoché certo, come anticipato da Financial Times e CNN nelle scorse settimane, che Biden scaricherà definitivamente l'ex presidente ad interim appena chiuse le elezioni di midterm.

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