Bolsonaro vola grazie al Pil. Nei sondaggi è testa a testa
13 Ottobre 2022 - 06:00Doveva essere una passeggiata e, invece, sarà una lotta all'ultimo voto quella di Lula per tornare al potere in Brasile
Doveva essere una passeggiata e, invece, sarà una lotta all'ultimo voto quella di Lula per tornare al potere in Brasile. Uno dei pochi sondaggi che aveva previsto il testa a testa con il presidente Bolsonaro al primo turno, PoderData, ieri è uscito con quasi un pareggio tecnico: 52% contro 48. Che con un margine d'errore dell'1,8% significa che potrebbe finire 50,2% contro 49,8%, un nonnulla.
Oggi uscirà Paraná Pesquisas, l'altra agenzia demoscopica che ci ha preso lo scorso 2 ottobre e ne sapremo di più. Entrambe sono da seguire perché operano su database non sfasati, come invece DataFolha, del quotidiano Folha de São Paulo e Ipec, commissionata dalla Globo. Tifo a parte - per la cronaca sia Folha che Globo appoggiano Lula - è difficile non fare riferimento a quanto detto ieri dal fondatore e senior strategist dell'agenzia demoscopica statunitense Trafalgar Group, Robert Cahaly: «la forza elettorale dei conservatori è, ancora una volta, sottostimata allo scopo di manipolare la popolazione facendogli credere che i progressisti godano di un vantaggio superiore a quello della realtà». Non a caso, il nuovo Parlamento uscito dal voto del 2 ottobre scorso, ha già fatto sapere che, comunque finiranno le presidenziali, una delle priorità sarà fare una legge per regolare meglio i sondaggi, magari imitando l'Italia e il Cile, dove negli ultimi giorni prima del voto non si possono divulgare.
Nel merito, il motivo del recupero di Bolsonaro è dovuto a due fattori. Il primo è il boom dell'economia verde-oro, con una crescita del PIL che ieri anche il Fondo Monetario Internazionale è stato costretto a rivedere aumentandolo al 2,8%, anche se quest'anno si prevede sia almeno del 3,1%. Per non dire dell'inflazione che continua a calare (terzo mese di deflazione di fila, non accadeva da 40 anni) e che chiuderà il 2022 al 5,5%, ben al di sotto di Stati Uniti e nell'Unione Europea. Con la disoccupazione all'8%, più bassa che ai tempi di Dilma, un aumento dei sussidi ai poveri come l'Auxilio Brasil, arrivato all'equivalente di 120 euro al mese e la rinegoziazione del 90% dei debiti per chi è indebitato (e qui lo sono l'80% delle famiglie), non deve stupire dunque se la maggioranza di chi guadagna tra due e 10 salari minimi, ovvero tra i 390 euro e 1.900 euro, dichiari di votare per Bolsonaro. Il secondo è il boom degli evangelici, più pro Bolsonaro, ben sopra al 30% fotografato dall'ultimo censimento del 2010.
Secondo le stime, infatti, oggi i cattolici, più pro Lula, sono per la prima volta meno del 50% e, dunque, in minoranza in Brasile.
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