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Bolsonaro vola grazie al Pil. Nei sondaggi è testa a testa

Doveva essere una passeggiata e, invece, sarà una lotta all'ultimo voto quella di Lula per tornare al potere in Brasile

Bolsonaro vola grazie al Pil. Nei sondaggi è testa a testa

Doveva essere una passeggiata e, invece, sarà una lotta all'ultimo voto quella di Lula per tornare al potere in Brasile. Uno dei pochi sondaggi che aveva previsto il testa a testa con il presidente Bolsonaro al primo turno, PoderData, ieri è uscito con quasi un pareggio tecnico: 52% contro 48. Che con un margine d'errore dell'1,8% significa che potrebbe finire 50,2% contro 49,8%, un nonnulla.

Oggi uscirà Paraná Pesquisas, l'altra agenzia demoscopica che ci ha preso lo scorso 2 ottobre e ne sapremo di più. Entrambe sono da seguire perché operano su database non sfasati, come invece DataFolha, del quotidiano Folha de São Paulo e Ipec, commissionata dalla Globo. Tifo a parte - per la cronaca sia Folha che Globo appoggiano Lula - è difficile non fare riferimento a quanto detto ieri dal fondatore e senior strategist dell'agenzia demoscopica statunitense Trafalgar Group, Robert Cahaly: «la forza elettorale dei conservatori è, ancora una volta, sottostimata allo scopo di manipolare la popolazione facendogli credere che i progressisti godano di un vantaggio superiore a quello della realtà». Non a caso, il nuovo Parlamento uscito dal voto del 2 ottobre scorso, ha già fatto sapere che, comunque finiranno le presidenziali, una delle priorità sarà fare una legge per regolare meglio i sondaggi, magari imitando l'Italia e il Cile, dove negli ultimi giorni prima del voto non si possono divulgare.

Nel merito, il motivo del recupero di Bolsonaro è dovuto a due fattori. Il primo è il boom dell'economia verde-oro, con una crescita del PIL che ieri anche il Fondo Monetario Internazionale è stato costretto a rivedere aumentandolo al 2,8%, anche se quest'anno si prevede sia almeno del 3,1%. Per non dire dell'inflazione che continua a calare (terzo mese di deflazione di fila, non accadeva da 40 anni) e che chiuderà il 2022 al 5,5%, ben al di sotto di Stati Uniti e nell'Unione Europea. Con la disoccupazione all'8%, più bassa che ai tempi di Dilma, un aumento dei sussidi ai poveri come l'Auxilio Brasil, arrivato all'equivalente di 120 euro al mese e la rinegoziazione del 90% dei debiti per chi è indebitato (e qui lo sono l'80% delle famiglie), non deve stupire dunque se la maggioranza di chi guadagna tra due e 10 salari minimi, ovvero tra i 390 euro e 1.900 euro, dichiari di votare per Bolsonaro. Il secondo è il boom degli evangelici, più pro Bolsonaro, ben sopra al 30% fotografato dall'ultimo censimento del 2010.

Secondo le stime, infatti, oggi i cattolici, più pro Lula, sono per la prima volta meno del 50% e, dunque, in minoranza in Brasile.

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