Guerra in Israele

Le bombe e i caccia F35. Biden arma Netanyahu e prepara il post Hamas

L'idea di una forza d'interposizione a Gaza con tre Stati arabi. E il Mossad torna al Cairo per gli ostaggi

Le bombe e i caccia F35. Biden arma Netanyahu e prepara il post Hamas

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La nuvola di bugie che copre Israele ha molti spessi strati, uno è dedicato al rapporto con gli Usa, anzi fra Biden e Netanyahu. Logico che i due, scuole politiche e di pensiero diverse, non vadano d'accordo, che a Netayahu stia a cuore prima di tutto vincere la guerra, a Biden oltre che questo obiettivo un rafforzamento dell'aiuto umanitario. L'interesse politico di Biden ha primeggiato quando ha deciso di non bloccare il voto del Consiglio di Sicurezza e la cosa strana è che per questo sia Netanyahu a essere accusato della lite col migliore amico di Israele. La scelta del presidente americano non è sostanziata da mosse che facciano pensare a un abbandono di Israele.

Nel cielo fra gli Stati Uniti e Israele, con una decisione di ieri, volano una quantità di armi indispensabili alla guerra, perché gli Usa hanno approvato la consegna di 1.800 bombe (ordigni da 200 a 900 kg) e di 25 F35 che portano la flotta a 75. Voleranno oggi anche due ministri, Ron Dermer e Tzachi Ha Negbi, per discutere dell'ingresso a Rafah. Vola di nuovo il capo del Mossad per lo scambio degli ostaggi. E intanto il ministro della Difesa Gallant, tornato dagli Usa, porta un piano in fieri per l'istituzione di una forza internazionale di «peacekeeping» a Gaza. Faciliterà la distribuzione di aiuto umanitario; la comporranno tre stati arabi: Egitto, Emirati Arabi e il terzo stato è misterioso, ma non saranno né l'Arabia Saudita ne il Qatar. Le nuove forze arabe sarebbero i depositari della legge e dell'ordine, l'America dirigerebbe il traffico da fuori, e si preparerebbe così il famoso «day after» in cui palestinesi non ostili a Israele dirigerebbero gli affari civili e Israele conserverebbe la supervisione di sicurezza. I palestinesi danno segnali di voler tutto e subito, ma con la nomina del nuovo governo forse si apre a un dialogo sulla deradicalizzazione indispensabile per Israele.

Dunque, Israele ancora non è entrata a Rafah osservando, essenzialmente, il cessate il fuoco di Ramadan previsto dall'Onu; ma la seconda parte della risoluzione che chiama alla restituzione degli ostaggi è stata ridicolizzata da Hamas. Non c'è una crisi ma una discussione, Biden è in campagna elettorale e Netanyahu ha soprattutto lo scopo di vincere la forza terrorista che occupa Gaza. Tuttavia fa le sue mosse con l'aiuto umanitario, lo stop di Rafah, la salvaguardia della popolazione civile, considerando che a Biden deve particolare gratitudine per il sostegno sin dai primi giorni di guerra. E lo scopo comune è ribadito da John Kirby: «Israele ha diritto assoluto di distruggere Hamas». Su questo, non c'è revisione americana. È difficile in realtà capire l'Onu, se si pensa che il Consiglio di Sicurezza ha condannato l'attacco terrorista a Mosca. Adesso, dopo 175 giorni, avrebbe potuto essere spinto dagli Usa a condannare le atrocità di Hamas. Non è accaduto.

Infine Israele ha dovuto di nuovo intervenire ad al Shifa e vi ha arrestato almeno 500 sospetti membri di Hamas; 170 che hanno sparato sui soldati dai reparti di maternità e di emergenza sono stati uccisi, i dottori e malati sono stati salvaguardati mentre si trovavano di nuovo quantità di armi e strutture dei terroristi. Nessuno nelle istituzioni internazionali ha presentato una mozione per affermare di essere scandalizzato dell'uso dell'ospedale come roccaforte del terrorismo, mentre nella prima incursione tutto il mondo aveva condannato Israele per avere osato perseguire il terrore. La colpa, anche nell'ondeggiare dei rapporti con gli Usa, è sempre di Israele. La vera mossa che manca è quella della chiarezza morale: gli Usa devono imporre a Hamas di rilasciare gli ostaggi e legando il proprio intervento umanitario e contro Rafah.

E non a un'inutile, finta polemica con Israele che induce il facile applauso filopalestinese.

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