Economia

Quel bond ibrido venduto alle casalinghe

Nel 2008 venne piazzato allo sportello per finanziare l'acquisto di Antonveneta

Il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari
Il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari

Il nome in codice è IT0004352586. La sigla internazionale, Isin per gli addetti ai lavori, identifica le obbligazioni subordinate del Monte dei Paschi che in base al decreto del governo saranno convertite in azioni a un valore pari al 100% di quello nominale.

Nessun problema per chi le aveva acquistate, riceverà un lauto ristoro: come si legge nel comunicato di Mps, infatti, «la banca darà corso ad una proposta di transazione rivolta agli investitori retail per porre fine o prevenire liti aventi ad oggetto la commercializzazione» di questi bond. Perché l'istituto senese mette le mani avanti, e perché il rimborso a priori (che ha scatenato le ire dei risparmiatori aretini di Banca Etruria per il trattamento più penalizzante ricevuto) è stato già deciso che chi possiede quelle obbligazioni? La risposta sta proprio nella storia di questi titoli subordinati a tasso variabile «Upper Tier II» del valore di oltre due miliardi. Si tratta del bond emesso nella primavera del 2008 (con durata decennale, scadrà il 15 maggio 2018 e un interesse annuo pari all'Euribor 6 mesi più il 2,50%) affinché l'istituto di Rocca Salimbeni facesse provvista per pagarsi - carissima - l'Antonveneta. Fu studiato apposta per i piccoli risparmiatori, con tagli minimi di soli mille euro, e distribuito agli sportelli del Monte durante la gestione di Giuseppe Mussari.

I sottoscrittori originari furono circa 37mila (ora sono più di 40mila), in gran parte con profili di rischio non adeguato. Per la prima volta un'obbligazione di questo tipo e di tali dimensioni veniva collocata a un pubblico di piccoli risparmiatori invece che a investitori istituzionali, ben più esperti di strumenti finanziari. Con l'ok di Consob e di Bankitalia. Nel prospetto informativo relativo a questo prestito obbligazionario si legge, infatti: «Di recente non sono state emesse obbligazioni bancarie caratterizzate dal medesimo tasso di subordinazione destinate al mercato retail» e pertanto «non è possibile un confronto con strumenti aventi le stesse caratteristiche finanziarie». In quel momento la banca sembrava essere destinata a un grande futuro: agli azionisti viene prospettato un utile 2011 a 2,2 miliardi. Accettano quindi che Mps finanzi l'operazione con un aumento di capitale da 4,9 miliardi in opzione ai soci, un'emissione di strumenti ibridi Upper Tier II per 2,16 miliardi, un finanziamento ponte da 1,5 miliardi concesso da un pool di banche estere e l'italiana Mediobanca e un aumento da 950 milioni riservato a Jp Morgan che servirà per la costruzione del Fresh, su cui poi accenderà i fari la magistratura.

Corsi e ricorsi della storia che, come si vede, non insegna mai abbastanza.

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