Politica

Boschi: «Mio papà perbene, ma io mi sento in colpa»

Il ministro si difende: «Nessun favoritismo». Ma sulle sue azioni continua il silenzio

Silenzio. La famiglia Boschi e il disastro di banca Etruria. Tacciono i familiari del ministro. Non dice una parola il padre di Maria Elena, Pierluigi Boschi, per otto mesi vicepresidente dell'istituto di credito. E non apre bocca nemmeno il fratello Emanuele, 33 anni, che solo un anno fa era responsabile dell'analisi dei processi di costo della banca. Per estrarre qualche parola alla titolare delle riforme ci vuole tutta l'abilità di Bruno Vespa che l'ha invitata alla presentazione del suo ultimo libro, Donne d'Italia. E qui finalmente, sollecitata dal giornalista, Boschi affronta il tema per lei così spinoso: «Mio padre è una persona perbene e se sento del disagio è verso di lui e la mia famiglia». E ancora: «Mi sento un po' in colpa nei confronti della mia famiglia, perché se mio padre è finito nelle cronache è perché è mio padre e mi spiace. Ma lo conosco, conosco la mia famiglia e affronteremo questo momento». Un abbraccio più che una spiegazione dettagliata; l'affetto, i sentimenti, il riconoscimento di un rapporto che resiste alle sollecitazioni della cronaca. Perfino l'orgoglio per un cognome portato a testa alta. Ma sempre dentro il perimetro di dichiarazioni politicamente corrette.Il ministro vola alto e si tiene alla larga dalla contabilità di famiglia. A quanto si sa - vedi l'ultima dichiarazione patrimoniale disponibile del maggio 2014 - Maria Elena era proprietaria di un modesto pacchetto di 1.500 azioni dell'Etruria, per un valore complessivo di 1.100 euro. A luglio scorso la Boschi puntualizza che la situazione è sempre la stessa: «Non sono intervenute variazioni». Ma quando nei giorni scorsi il Giornale prova a saperne di più, lei rispedisce al mittente le domande. E anche davanti a Vespa sorvola sul punto. Resta il quesito: Maria Elena era sulla stessa barca affondata con i patrimoni di tante oneste formichine? Probabilmente i suoi 1.000 euro sono andati in fumo, ma conferme non ce ne sono. Bisogna tornare alle parole scandite la scorsa settimana dal suo portavoce: «Sulle poche azioni del ministro rimandiamo all'amministrazione trasparente nel sito del governo». E rimbalzano ancora una volta le domande che riguardano i Boschi al gran completo. Papà e fratello avevano scommesso sulla solidità della banca che conoscevano così bene? Avevano investito i propri risparmi acquistando azioni o altri titoli dell'Etruria? Fuori c'è tempesta, ma il lucchetto di casa Boschi non salta. E non si sa nulla sulle mosse compiute dai due e dall'altro fratello, dalla mamma e pure dalla nonna. Nessuno ha dato il consenso necessario per divulgare i dati. E per far alzare il sipario sui patrimoni della famiglia. Lei insiste sulla sua linea del Piave: «Sul piano politico non c'è nessun disagio perché il nostro governo è intervenuto per evitare che le quattro banche chiudessero, quindi che migliaia di dipendenti rimanessero senza stipendi e che migliaia di correntisti perdessero i propri risparmi. Mio padre è stato vicepresidente di Banca Etruria per 8 mesi fino a quando il governo ha commissariato la banca, il governo non fa favoritismi o leggi personali». Oltre il ministro non va. Nemmeno in un giorno così difficile: l'istituto è ormai assediato da chi ha perso tutto, Boschi difende il suo piccolo presepe. E€distingue quel che accade nel Palazzo dalle vicende che la toccano in prima persona.

Anche se l'intreccio resta.

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