Cronache

Bracciano, il lago "ristretto" da cui affiorano le bombe

Livello mai così basso: spariscono i turisti ma compaiono spiagge infinite. Al posto dei pesci i reperti bellici del '45

Bracciano, il lago "ristretto" da cui affiorano le bombe

Visto da lontano, dal Castello Odescalchi che domina Bracciano, il lago sembra un normale lago. Le barche a vela sembrano modellini dalla strada che dal paese scende verso la riva. E poi, appunto, ecco la spiaggia. Puntellata di grandi pietre coperte di alghe seccate dal sole. Il segno evidente che le acque si stanno ritirando. «E mica di poco. Sarà almeno metà del bagnasciuga che di solito è sott'acqua. Quelle rocce di norma non si vedono oppure affiorano appena», spiega Andrea, sistemando la sua canna da pesca. «Vengo qui da anni, ma il livello così basso io non l'avevo mai visto. E si pesca pure poco». I bagnanti invece non sembrano preoccupati, anche se la spiaggia tra Bracciano e Anguillara non è molto affollata in questo caldissimo sabato.

Non troppi clienti anche al Viva Sporting, bar con ristorante sulla spiaggia, pochi centinaia di metri a Sud Est, proseguendo sul lungolago. «Vivo a Bracciano dal 1982, e posso dire che questa situazione non ha precedenti nei miei 35 anni di esperienza. Ci sarà almeno un metro e ottanta d'acqua in meno. Quelle boe che vede laggiù, praticamente a riva, di norma segnano il punto dove non c'è più piede». Donato Vitale è lo chef del Viva. Appassionato di fotografia, con i suoi scatti documenta l'abbassamento del livello del lago. «Oggi - spiega - la buona notizia è che l'Acea cesserà i prelievi. I romani sono preoccupati, ma era l'unica cosa da fare. Non ci sono più gli scogli per permettere ai pesci di deporre le uova, i turisti latitano, persino le barche devono stare attente alle secche, soprattutto vicino alla riva. Ed è da almeno un anno che ci sono segnali allarmanti», sospira.

Scendendo ancora lungo le sponde del lago di Bracciano, superando Anguillara, c'è il «castello dell'acqua» di Pio VI. Una struttura costruita nel 1787, ammodernata e ancora in funzione. Qui già dal XVII secolo c'era l'acquedotto Traiano-Paolo che da Bracciano e dalle sorgenti nei boschi arrivava a Roma, alimentando il «Fontanone» del Gianicolo alla fine della lunga corsa. Il Castello dell'Acqua, che ora porta le insegne di Acea, affaccia ancora sulla spiaggia, ma ormai è in pieno entroterra, completamente emerso, senza alcuna possibilità di «pescare» altro che sabbia. Eppure nelle foto - recenti - su internet è circondato dalle acque del lago. «Va così da un po', già in primavera l'acqua era bassa, poi i prelievi per la siccità e l'evaporazione per il gran caldo hanno peggiorato ancora le cose - spiega Antonio, cappello di paglia e sdraio, seduto su un tratto di spiaggia che in tempi «normali» era evidentemente sott'acqua. Effetti collaterali della siccità che si beve il lago. E può riservare sorprese decisamente spiacevoli. «Ad Anguillara - spiega ancora lo chef Vitale - l'acqua, ritirandosi, proprio oggi ha fatto venire alla luce tre ordigni bellici abbandonati dai tedeschi alla fine della Seconda guerra. Qui c'è di tutto, le cartucce dei Mauser, per esempio, sono comuni. E si rischia pure». Ieri, in pieno allarme siccità anche una tragedia paradossale: un 17enne dopo pranzo si è tuffato per recuperare il pallone, si è sentito male ed è annegato.

Poi ci sono gli incendi. «Non credo che i Canadair contribuiscano a svuotarlo, visto che portano 5-6mila litri d'acqua, ma devo dire che non passa giorno che non li veda tuffarsi sulla superficie del lago per rifornirsi. Ci mancavano anche i roghi, come se il caldo non fosse abbastanza», sospira Matteo, che è qui sul lago in vacanza con la famiglia. E in effetti la Braccianese corre verso la capitale circondata da strisce nere e alberi bruciati quasi senza soluzione di continuità. E il laghetto di Martignano, uno dei rifugi dalla calura preferiti dai romani per le gite fuori porta, è stato duramente colpito da incendi negli scorsi giorni. Troppo fuoco, poca acqua: un'equazione decisamente pericolosa, che rischia tra l'altro di avere come soluzione il razionamento per milioni di residenti nella capitale.

Per la città del Biondo Tevere, degli antichi acquedotti, dei mille nasoni e delle tante fontane, a dir poco una beffa.

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