Politica estera

Brasile, caccia ai registi del caos. Già bloccati i conti di Bolsonaro

Cento le imprese sospettate di aver finanziato i golpisti. Ordinato l'arresto del capo della polizia di Brasilia

Brasile, caccia ai registi del caos. Già bloccati i conti di Bolsonaro

1.200 bolsonaristi sono ancora bloccati dalla Polizia Federale in attesa di sapere il loro destino, mentre le donne incinte e con i bambini, oltre agli anziani, che erano circa 600, sono stati rilasciati ieri dopo essere stati segnalati all'intelligence verde-oro, l'Abin. Adesso però sono le polemiche a dominare in Brasile. Innanzitutto c'è un acceso dibattito lessicale: in Brasile tutti gli arrestati sono da tre giorni chiamati dai principali media «terroristi», anche se dalla legge antiterrorismo del 2016 fu tolta qualsiasi motivazione politica per espressa richiesta della sinistra, che all'epoca era al governo, per timore che i suoi supporter, sovente violenti, potessero essere imputati per questo crimine. Il casus belli numero uno che sta facendo montare le polemiche è però di chi sia la colpa per non avere fermato il tentativo di golpe annunciato (l'Abin aveva avvertito il governo in carica) di domenica scorsa a Brasilia, con centinaia di vandali che hanno distrutto i palazzi del potere della capitale.

L'Avvocatura generale dell'unione brasiliana (Agu) ha annunciato di aver identificato più di 100 aziende sospettate di aver finanziato «la manifestazione golpista». Il loro denaro sarebbe «stato utilizzato per pagare gli autobus che trasportavano i golpisti e per aiutare i bolsonaristi radicali a rimanere accampati davanti al quartier generale dell'esercito a fare i preparativi per il tentativo di colpo di stato».

L'ultimo a finire sul banco degli imputati ieri è stato il 73enne Ministro della Difesa José Múcio, che non è del partito dei lavoratori, il PT del presidente Lula, insieme all'Ufficio di sicurezza istituzionale, il Gsi, la struttura preposta a difendere il palazzo di Planalto dove Lula ha già firmato 56 decreti e concesso 9 interviste, un record. L'ex comunista ministro della Giustizia, Flávio Dino, ha attaccato Múcio: «C'è un contingente dedicato alla protezione della sede della Presidenza, i fatti dimostrano che non ha agito. Perché non ha agito è oggetto di un'indagine che deve essere minuziosa. Voglio credere che si farà».

Da giorni Lula era irritato con Múcio, dal suo insediamento lo scorso 2 gennaio, quando il ministro aveva detto che le manifestazioni davanti alle caserme erano «democratiche», opponendosi a uno sgombero immediato come richiedevano molti. «Lo dico con molta autorità perché ho famiglia e amici lì, è una dimostrazione di democrazia», aveva insistito.

Dopo lo scempio dell'8 gennaio scorso, adesso Lula è ancora più irritato con lui, furente stando ai si dice, e molti settori del suo governo pretendono la testa di Múcio. Di certo molto preoccupato è anche Ibaneis Rocha, l'oramai ex governatore del Distretto Federale (DF), la regione che comprende anche la capitale Brasilia che, a tempo di record, è stato «fatto fuori» per decisione inappellabile dal giudice Alexandre de Moraes, il «todo poderoso» di San Paolo, membro della Corte Suprema (Stf) nonché presidente del Tribunale Supremo Elettorale. Ieri la Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti ha chiesto il blocco dei suoi beni, insieme a quelli dell'ex responsabile della pubblica sicurezza di Brasilia, Anderson Torres, di cui l'Avvocatura Generale dello Stato ha anche ordinato l'arresto. Arresto chiesto dalla Corte Suprema anche per l'ex capo della polizia militare, Fabio Augusto Vieira.

Inoltre, l'uomo scelto da Lula per sostituire Torres, il giornalista iscritto partito comunista brasiliano (PCdoB) Ricardo Cappelli, senza esperienza in sicurezza ma che portò Fidel Castro a parlare all'Une, l'Unione degli Studenti Brasiliani, quando ne era il presidente, ha detto che Torres «ha sabotato la sicurezza del Df». Chiesto il blocco dei beni anche dell'ex presidente Jair Bolsonaro, che ha fatto sapere, per smentire le voci di una fuga per evitare l'arresto, che appena sarà dimesso dall'ospedale in Florida, dov'è ricoverato per i postumi coltellata del 2018, tornerà in Brasile.

Da segnalare infine che la richiesta di destituzione del governatore del Distretto federale, la regione che comprende Brasilia, per presunta indulgenza con i «terroristi», è stata fatta dal senatore Randolfe Rodrigues, che festeggiò con l'ex terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo, Cesare Battisti, quando Lula gli concesse l'asilo politico pur essendo già stato condannato in ultima istanza in Italia per omicidi che, nel nostro Paese, lui stesso ha poi confessato.

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