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Il Brasile fermo. Uno sciopero generale dopo 21 anni

Il Brasile fermo. Uno sciopero  generale dopo 21 anni

Il selfie scattato da una manifestante con sullo sfondo un bus carbonizzato sono stati 9 solo a Rio è l'immagine più emblematica del primo sciopero generale proclamato in Brasile da 21 anni a questa parte, anche se racconta solo una parte di quanto accaduto l'altroieri, quella che ha avuto come protagonisti i «soliti» black bloc già visti durante i Mondiali.

Naturalmente la serrata «è stata un successo senza precedenti, con un'adesione di 40 milioni di lavoratori» per la Centrale Unica dei Lavoratori (CUT), il maggior sindacato brasiliano legato al PT, il partito dell'ex presidente Lula, che a giorni sarà interrogato in uno dei 6 processi che lo vedono imputato per associazione a delinquere, corruzione, riciclaggio ed occultamento di patrimonio.

Saranno stati anche 40 milioni ma, allora, come mai a San Paolo - la terza megalopoli più grande del mondo sono scese in piazza solo 70mila persone e per di più «quasi tutti studenti, tra cui mia figlia» testimonia a Il Giornale l'ispettrice del lavoro Fernanda Giannasi, la passionaria che difende le vittime dell'amianto in Brasile?

Misteri della fede anche se è vero che «quella dello scorso 28 aprile è la prima dimostrazione di piazza di un certo peso organizzata dalla sinistra che si oppone alle riforme del presidente Michel Temer» mi spiega l'analista Luiz Antonio Magalhaes, assicurando però che «i 40 milioni della CUT sono un'esagerazione». Insomma, la solita propaganda sinistrorsa anche se, va detto, sono stati tanti i paulisti rimasti a casa pur volendo recarsi al lavoro perché l'unica categoria che l'altroieri ha aderito al 100% allo sciopero è stata quella degli autisti di bus e, senza pullman, è impossibile raggiungere il centro di San Paolo dalle periferie. Era dal 1996 che in Brasile non si organizzava uno sciopero generale, per la precisione da quando i sindacati verde-oro protestarono contro le riforme «neoliberali» del presidente dell'epoca, il socialdemocratico Fernando Henrique Cardoso. Poi più nulla, calma piatta soprattutto nei 13 anni in cui alla presidenza c'è stato il PT dell'ex sindacalista Lula e della sua delfina, Dilma Rousseff. Ora, con la presidenza del «traditore» Temer, le consegne d'obbedienza della CUT al PT sono cadute e, soprattutto, le riforme di pensioni e lavoro che l'ex vice di Dilma vorrebbe fare hanno portato allo sciopero generale dell'altroieri. Certo è che - a prescindere dal giudizio se la serrata sia stata o meno un successo gli ultimi dati sull'economia in Brasile fanno accapponare la pelle: il PIL è crollato del 10% da settembre 2014 ed i disoccupati sono saliti a 14,2 milioni.

Ovvero una disoccupazione del 14% secondo l'Ibge, l'Istat del paese del samba, ma se si somma anche chi il lavoro non lo cerca neanche più e chi riceve il sussidio statale Borsa Famiglia, la percentuale supera il 30%.

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