Politica

Il Brasile vota l'impeachment: Dilma verso l'addio

Nella notte il Parlamento decide la messa in stato d'accusa della presidentessa

Paolo Manzo

San Paolo «Não vai ter golpe! Não vai ter golpe!» gridano all'unisono il migliaio di supporter del Pt - il partito dei lavoratori fondato da Lula - accompagnati da un centinaio di membri del movimento dei «senza terra», tutti vestiti di rosso e riuniti sotto un sole cocente nell'enorme spianata dei ministeri, davanti alla Camera dei deputati di Brasilia. «Fora Dilma! Fora Pt!» risponde con altrettanta foga un numero ancora maggiore di uomini, donne e bambini, tutti in giallo canarino, mentre saltano all'ombra di un'enorme Superman gonfiabile con la faccia di Sergio Moro, il magistrato che guida la Mani Pulite verde-oro e che - avendo fatto arrestare per corruzione alcuni tra i massimi dirigenti del Pt - è diventato l'eroe di chi vuol mandare a casa la presidente Rousseff. Scene analoghe si sono viste anche a San Paolo, Rio de Janeiro ed in tutte le principali città del Brasile, perché dopo giorni di discussioni fiume proprio ieri sera la Camera dei deputati di Brasilia ha votato l'impeachment della presidente Dilma Rousseff.

Pesanti le accuse nei confronti della delfina di Lula, accusata lo scorso ottobre dalla Corte dei conti brasiliana di avere truccato il bilancio statale 2014. Alla base della bocciatura dei conti pubblici del Tcu fatto inedito ed accaduto solo una volta in passato, nel 1937 - ci sono quelle che i media verde-oro hanno ribattezzato «le pedalate fiscali di Dilma», ovvero l'aver preso «in prestito» circa 35 miliardi di euro da banche statali con semplici decreti presidenziali e senza passare per l'approvazione del Parlamento. Il tutto per truccare il bilancio di fine 2014 ed avere così più soldi per vincere le elezioni presidenziali di quell'anno. Un crimine fiscale sanzionabile con la «messa in stato d'accusa» della presidente, come prevede chiaramente la Costituzione verde-oro. Per mandare a casa la presidente sono necessari 342 voti e, al momento in cui andiamo in stampa, tutte le previsioni dei media brasiliani danno all'opposizione tra i 347 ed i 380 voti, un numero più che sufficiente per mettere in stato d'accusa (questo significa impeachment) Dilma.

Il problema è che - data la tradizionale facilità nel comprare e vendere voti in Brasile - è bene non «vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso» spiegano al Giornale i redattori di O Antagonista, il sito politico verde-oro che vale la pena seguire per capire il Brasile di oggi.

Certo è che se le autorità di Brasilia non avessero diviso con un muro lungo un Km - e con in mezzo 80 metri di «zona franca» presidiati dalla polizia - ieri le fazioni pro e contro Dilma sarebbero venute alle mani.

Più certe ancora sono però le responsabilità dirette di Rousseff, la peggior presidente di sempre del paese del samba a detta dei sondaggi, se è vero che in carcere - per tangenti ed aver finanziato illegalmente le sue presidenziali - sono finiti nell'ordine il tesoriere del suo partito Vaccari Neto, l'uomo marketing delle sue campagne elettorali Joao Santana, mentre sempre più prossimo sarebbe l'arresto del suo mentore Lula, che la stessa Dilma aveva cercato qualche settimana senza riuscirci - di nominare ministro per garantirgli l'immunità.

Commenti