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A Bruxelles accordo al ribasso Ma la Merkel rischia l'esilio

Schäuble vorrebbe spedire la Cancelliera alle Nazioni Unite

A Bruxelles accordo al ribasso Ma la Merkel rischia l'esilio

S'è salvata per il rotto della cuffia. E solo perché i soldi alla fine hanno fatto la differenza. La sofferta conclusione, domenica notte, del vertice di Bruxelles sull'emergenza «migranti» è un altro segnale della debolezza della Cancelliera. Anche perché quel vertice s'è potuto chiudere solo grazie agli ingenti contributi promessi ai paesi dei Balcani disposti ad assecondare le proposte della Merkel e del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker.

E così la donna considerata, solo due mesi fa, la leader indiscussa della Germania e l'ispiratrice di un'«accoglienza senza limiti» rischia - di questo passo - di trasformarsi in una «migrante». E di dover chiedere soccorso all' Onu. Da quando ha iniziato la sua battaglia per i rifugiati la Merkel non fa i conti soltanto con l'ostilità dei Balcani, ma anche con quella, assai più preoccupante, dei propri elettori e del proprio partito. E in Germania qualcuno già ipotizza una sua imminente uscita di scena favorita, nel 2016, dalla nomina a Segretario Generale dell'Onu al posto dell'uscente Ban Ki Moon. Una soluzione auspicata, si dice, dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble pronto a sfruttare gli scivoloni della Merkel sull'immigrazione per soffiarle la guida della Cdu e quella del paese. A rafforzare le mire di Schäuble contribuisce il recente sondaggio del quotidiano Bild che attribuisce alla Cdu sei punti in meno rispetto al settembre 2013, mentre la destra anti euro è pronta a sfondare - grazie al 7 per cento dei voti - le barriere d'accesso al Bundestag. Ecco perché domenica sera anche Angela tremava.

Il vertice convocato, d'intesa con Juncker, per affrontare la crisi che ha visto oltre 157mila migranti transitare dalla Turchia alla Grecia nell'ultimo mese - e 60mila raggiungere la Slovenia in meno di dieci giorni - era ad un passo dal fallimento. Austria e Germania minacciavano di chiudere le frontiere e abbandonare i Paesi balcanici. Quest'ultimi, invece, rinfacciavano a Europa e Germania di scaricare su di loro ogni colpa, ignorando le responsabilità di una Turchia indifferente, o consenziente, di fronte al passaggio dei migranti dai suoi territori alla Grecia. Solo la promessa, in zona Cesarini, di una robusta dose di contributi finanziari ha convinto i governi balcanici a far viso a buon gioco. Così, da gennaio, Nazioni Unite e governo di Atene si preoccuperanno di trovare gli spazi, in territorio greco, dove parcheggiare e identificare cinquantamila rifugiati. Altri cinquantamila verranno sistemati nei centri d'accoglienza aperti nei paesi dei Balcani e mantenuti con i fondi Ue. La soluzione è ovviamente solo temporanea, soprattutto se si pensa alla massa di circa 6 milioni di rifugiati che guardano alla Turchia come al naturale trampolino per l'Europa.

In tutto ciò il meno preoccupato di tutti, nonostante l'esclusione dell'Italia dal vertice di Bruxelles, sembra il nostro ministro degli esteri. A sentir Paolo Gentiloni la Turchia non va «ritenuta responsabile» del problema migranti e può addirittura «contribuire alla soluzione».

L'Europa può, invece, «accogliere centinaia di migliaia di migranti a condizione - sostiene Gentiloni - di avere una politica migratoria comune e di non lasciare isolati i Paesi di confine».

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