Cronache

Bugie e misteri, ombre su Anastasiya

Troppe contraddizioni: rischia di finire indagata. L'incognita su una messinscena

Bugie  e misteri, ombre su Anastasiya

Roma Delitto alla Caffarella. Cosa è accaduto esattamente la notte maledetta di mercoledì? Succede tutto in trenta secondi, dal momento che la Smart si ferma in doppia fila, scendono Valerio del Grosso e Paolo Pirino, aggrediscono la ragazza e si azzuffano con la vittima. L'esplosione di un colpo da una 38 special mette la parola fine alla storia. Quattro telecamere registrano parzialmente la scena ma nessuna è in grado di spiegare la dinamica dell'aggressione. «Il buio pesto e i rami degli alberi non aiutano a capire», dicono gli uomini della squadra mobile.

Una storia dai mille dubbi e poche certezze. La prima: Anastasiya Kylemnyk mente. O comunque il suo racconto non è lineare. Lo avevamo già scritto i giorni scorsi: la Procura vuole vederci chiaro sull'unica testimone in grado di inchiodare Del Grosso e Pirino. Quanto prima l'ucraina sarà riascoltata. Non è escluso che sia indagata per falsa testimonianza o peggio. Troppe le contraddizioni, i «non ricordo», i «non so bene» sulla compravendita di droga, «erba». Tanta marijuana, troppa per uno spinello fra amici. A chi era destinata? Anastasiya, poi, non spiega agli inquirenti quanto denaro ci fosse nello zaino. Dai «pochi spiccioli» della prima ora a due mazzette da 20 e 50 euro, come si legge sull'ordinanza di custodia cautelare, per almeno 2mila euro che potrebbero arrivare a una somma compresa fra i 10mila e i 20mila euro. Davvero troppi per una baby sitter o per un personal trainer. Gli amici dei killer, i «cavalli» incaricati di testare la disponibilità dei nuovi acquirenti, a verbale raccontano tutta un'altra storia rispetto a quella di Anastasiya. Secondo questa, lei e Luca non conoscevano gli spacciatori e non erano lì per acquistare droga. La donna ricorda solo che «lo zaino di pelle color rosa conteneva un portafogli rosso con documenti di identità, una carta postepay e un portamonete». Gli altri parlano di un affare concordato.

Seconda certezza: Del Grosso spara a Sacchi. «Questa è l'unica cosa che non si può mettere in discussione - spiega al Giornale l'avvocato Alessandro Marcucci - L'ha detto chiaramente: voleva spaventare. Per il resto il mio assistito sta mettendo assieme i pezzi e quanto prima sarà interrogato. Viene da una famiglia umile ma onesta - continua l'avvocato Marcucci -, la madre e il padre, appena saputo del fattaccio, sono andati a denunciarlo. Lui stesso è un gran lavoratore, ha persino un contratto a tempo indeterminato. Non si capisce cosa sia accaduto».

Dalle poche certezze ai mille dubbi. Chi ha fornito il revolver all'omicida? Dov'è finita l'arma, smontata e gettata dall'auto in corsa come raccontano gli arrestati? I carabinieri, che hanno sequestrato la Smart Forfour, hanno recuperato solo la mazza da baseball e il tamburo. Arma micidiale se usata con violenza. Cosa che non è accaduta ad Anastasiya che se la cava con un'escoriazione alla nuca. Che la ragazza si sia messa d'accordo con i pusher per simulare la rapina e derubare i finanziatori dell'affare? Se fosse così la messinscena comincia in via Latina alle 21.30, quando Del Grosso invia suoi emissari, Valerio Rispoli e Simone Piromalli, a incontrare Giovanni Princi e Anastasiya Kylemnyk e concordare, accertata la presenza dei soldi nello zaino della ragazza, lo scambio.

Una «consegna differita». Chi altro aspettava la «roba»?

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