Politica

Bugie, raid e minacce Le due Libie unite soltanto per attaccarci

Mentre a Tripoli viene distrutto il cimitero italiano, Tobruk se la prende con le nostri navi. Ma dietro c'è una strategia

R icordate cosa faceva quel buontempone di Gheddafi quando gli affari a casa sua non filavano per il meglio? Se la prendeva con l'Italia, gli italiani ed il passato coloniale. Morto il rais i sistemi non cambiano. Nelle ultime 24 ore sia la Libia governata dal «legittimo» governo di Tobruk, sia quella dominata dalle milizie islamiste al potere a Tripoli sono spazzate da una ventata di «italofobia». A Tripoli, come già accaduto in passato, si danneggiano e si distruggono le tombe dei nostri connazionali sepolti nel cimitero italiano di Hammangi. A Tobruk si accusa la nostra nostra Marina Militare di violare le acque territoriali e si minaccia l'utilizzo dell'aviazione per fermarla. Un comunicato del governo di Tobruk «condanna con fermezza» la violazione delle proprie acque territoriali «dopo l'ingresso di tre navi da guerra italiane nei pressi delle coste di Bengasi, a Daryana», circa 55 chilometri a est della città. Il governo libico, si legge nel comunicato, «non esiterà a ricorrere a tutti i mezzi che gli consentano di proteggere le sue frontiere e la sua sovranità territoriale». Tobruk, inoltre, invita l'Italia «a rispettare i trattati firmati tra i due Paesi» bollando «l'ingresso delle navi italiane come un atto contrario a tutti gli accordi internazionali ratificati dall'Onu». La smentita italiana è immediata: «La notizia diffusa stamane da fonti libiche circa la presenza ieri di tre navi italiane nelle acque territoriali libiche è falsa - spiega il ministero della Difesa, che aggiunge: «Tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati». Ma la smentita non sembra calmare Tobruk che annuncia - attraverso il capo di Stato maggiore Saqr Geroushi - di aver fatto decollare i caccia per «monitorare l'attività delle navi da guerra italiane».

A lanciare l'allarme sull'ennesimo assalto ad Hammangi, il cimitero cattolico di Tripoli in cui riposano le spoglie di circa 8mila nostri connazionali, ci pensa invece l'«Associazione Italiana Rimpatriati dalla Libia» diffondendo le foto delle devastazioni. «Sono immagini che si commentano da sole per la loro inciviltà e che completano il quadro tragico della situazione in Libia», spiega la presidente dell'Associazione Giovanna Ortu. «Grazie a Dio non abbiamo bisogno di tombe materiali per pregare in ricordo di quei morti, ma ci piace ricordare la lunga tradizione di rispetto fra le diverse religioni che ha caratterizzato la nostra vita laggiù».

Sostenere che le accuse di Tobruk all'Italia e l'assalto al cimitero di Tripoli siano concordati sarebbe ovviamente sbagliato. La devastante rivalità tra le due fazioni e la distanza fisica tra Tobruk e Tripoli rendono improbabile l'ipotesi. Sia Tobruk, sia Tripoli sono però a uno spartiacque decisivo. E da entrambe le parti qualcuno può aver interesse a spiazzare l'Italia, impedendole di giocare un ruolo in una fase decisiva del negoziato per la formazione di un governo di unità nazionale. Per capirlo basta guardare ad Algeri. Lì oggi il nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, quello algerino Abdelkader Messahel e l'egiziano Sameh Shukry discutono le pressioni da attuare su Tripoli e Tobruk per spingerle ad accettare il progetto di governo d'unità nazionale messo a punto dall'inviato Bernardino Leon a metà ottobre. Ad oggi né il Parlamento di Tobruk, né il Congresso di Tripoli controllato dai gruppi islamisti, hanno espresso un parere chiaro su un progetto considerato cruciale da Onu ed Ue per mettere fine alla divisione del Paese ed avviare la lotta allo Stato Islamico e ai trafficanti di uomini. Ad Algeri l'Italia gioca un ruolo da mediatore tra un Egitto molto vicino a Tobruk e un Algeria più disponibile con Tripoli. Per questo entrambe le parti libiche potrebbero aver interesse a delegittimare l'Italia dipingendola come mediatrice non neutrale.

Anche perché dopo Algeri entreranno in gioco le sanzioni che, secondo quanto annunciato venerdì da fonti Onu e dell'Ue, colpiranno sia Tripoli, sia Tobruk se riconosciute colpevoli di ritardare l'entrata in vigore del piano di Bernardino Leon.

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