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La burocrazia manda in fumo 500 posti

La ditta veneta Bifrangi voleva ingrandire il capannone ma il Comune l'ha reso impossibile: costretta a delocalizzare in Carinzia

La burocrazia manda in fumo 500 posti

Accanto all'Italia dei proclami retorici e delle estenuanti discussioni sul nulla, c'è un'Italia che a dispetto di tutto cerca di fare e produrre. E così in Veneto, ad esempio, esiste un'impresa come la Bifrangi, che negli ultimi quarant'anni ha conosciuto uno sviluppo formidabile grazie a un imprenditore, Francesco Biasion, che da ex fabbro senza grandi studi alle spalle ha fatto crescere un colosso il quale dà lavoro a 1.000 persone, distribuite in sei sedi in quattro Paesi. Un'impresa che è leader mondiale nello stampaggio a caldo degli acciai e sta reggendo con forza sui mercati proprio mentre molti concorrenti escono di scena.

L'azienda va a gonfie vele, ma l'imprenditore ha deciso: un po' alla volta lascerà l'Italia. Il motivo? La burocrazia. Quella burocrazia che ieri il premier Matteo Renzi ha detto che «non deve diventare il timbrificio alla Checco Zalone, che rinvia sempre. Bisogna smetterla con la burocrazia che ostacola». Biasion doveva installare a Mussolente (cuore storico dell'azienda) un maglio gigante 1.500 tonnellate capaci di esercitare una pressione di 55.000 tonnellate e invece è stato costretto a dirottarlo in uno dei due stabilimenti che ha in Texas. Le varie amministrazioni del comune vicentino e l'ultima è civica si sono dimostrate insensibili alle sue ragioni, creando difficoltà a non finire a chi voleva solo sapere cosa doveva fare per poter lavorare in pace.Gli ostacoli posti dinanzi al super-maglio (il più grande al mondo), che poteva generare 500 nuovi posti di lavoro e circa altri 1.000 nell'indotto, sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Di conseguenza l'investimento non si è più fatto in Italia e si è pure deciso di svuotare, nel tempo, gli impianti del Vicentino. In soli dieci mesi Biasion ha già costruito un nuovo stabilimento a Althofen, in Carinzia, a tre ore e mezza di distanza: attivo da dicembre con 50 operai. L'idea è di arrivare presto a 300, scendendo a 200 dipendenti a Mussolente, dove gli attivi sono 450.

L'idea è di non rimpiazzare chi va in pensione, cercando così di evitare troppe sofferenze.La somma tra i lavoratori che non saranno sostituiti e i posti di lavoro persi costringendo a collocare il maglio oltre Oceano deve far riflettere. È infatti ormai chiaro che in troppe circostanze gli uomini del lavoro sono costretti a delocalizzare a causa di un atteggiamento pregiudizialmente avverso alle aziende interpretato da un ceto politico e burocratico che è ostile alla libera impresa.L'azienda di Biasion, che ha tra i propri clienti colossi del livello di Bmw, Caterpillar, Snr-Ntn e altre multinazionali, è stata accolta in Carinzia con tutti gli onori: esattamente come avviene alle imprese lombarde che si sono spostate in Canton Ticino, in Svizzera. Non tutte le amministrazioni sono insomma nemiche di chi lavora. Tra le ragioni dello scontento di Biasion non c'è solo la difficoltà a intendersi con l'attuale amministrazione di Mussolente, perché più in generale è forte l'insofferenza verso un sistema che premia i lavativi a danno dei lavoratori più seri e coscienziosi, che tassa oltre ogni misura, che moltiplica regole e divieti.

E che alla fine impedisce a chi vuole produrre di poterlo fare.

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