Politica

Caccia ai soldi della "mazzetta". Ma non c'è traccia dei 30mila euro

Al setaccio dei pm sei società. Le pressioni dei 5 Stelle su Siri

Caccia ai soldi della "mazzetta". Ma non c'è traccia dei 30mila euro

Roma Da garantisti ad accusatori, da cultori della politica che non deve entrare nelle vicende giudiziarie a «supertestimoni» sulle (presunte) «attività di pressione» del sottosegretario Armando Siri.

Grande resta la confusione, anche di ruoli, oltre che nella testa del mondo grillino. Che ieri ha visto convocare in qualità di testimoni alla Procura di Roma il sottosegretario Davide Crippa, nonché il capo gabinetto del Mise e un suo «vice», su quello che Siri avrebbe loro «velatamente consigliato» in materia regolamentare a proposito degli incentivi per le microimprese del settore dell'energia eolica. Siri è sospettato dagli inquirenti di essere «uomo» dell'ex consulente della Lega sull'Ambiente, Paolo Arata, come dice lo stesso Arata in un paio di intercettazioni. I riflettori dei Pm romani sono ancora accesi sulle società collegate agli Arata (padre e figlio Francesco) e al suo «socio occulto» che, secondo la Procura, «plurime intercettazioni» indicano nel faccendiere Vito Nicastri, che sarebbe legato al superboss latitante Matteo Messina Denaro. Per il momento, però, non è venuta fuori alcuna traccia di quei 30mila euro che Arata avrebbe «dato o promesso» a Siri, nonostante i magistrati stiano passando al setaccio i bilanci di sei società, tutte «srl»: Etnea, Alquantara, Solcara, Solgesta, Bion e Ambra Energia. Delle prime due, stando a quanto si legge nella scheda personale di Arata presente nel database della Camera di Commercio, il professore genovese risulta amministratore unico. Per l'ex parlamentare di Fi coinvolto nell'inchiesta della Dda palermitana, è spuntato anche un incarico come presidente del consiglio di amministrazione del «Consorzio Campania Ambiente 2», costituito il 7 dicembre del 1999 per occuparsi di «trattamento dei rifiuti speciali e non». Consorzio che non avrebbe però mai operato, secondo uno dei suoi consiglieri, il commercialista Loreto Notarantonio, rintracciato ieri dall'agenzia Adnkronos.

Ma se «l'innocenza la decidono i giudici, non la politica», come ha sentenziato il vicepremier Di Maio in un'intervista al Corsera, non si capisce perché poi lo stesso capo politico dei grillini si riprometta di sentire Salvini e Giorgetti «prima di arrivare a delle conclusioni»: Di Maio vorrebbe capire «se c'è un collegamento chiaro con la vicenda dell'eolico e con il fatto che Arata non è entrato all'Arera». L'Arera è l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente per cui era stato candidato dalla Lega. E, in questa sua ossessione «pistarola», Di Maio si dimostra assai motivato in quanto, avverte, «qui c'entra anche la mafia, non è uno scherzo. E c'è di mezzo un faccendiere che sembra essere un link tra Lega e Forza Italia». Anche il premier Conte, invece di attendere i risultati dell'inchiesta, pensa di dover condurre delle indagini in proprio, visto che pure lui, in un'altra intervista, ha spiegato che per «completare la valutazione» su Siri, ha bisogno di sentirlo. In quanto «l'interessato ha il diritto ma anche il dovere di conferire con il suo presidente». L'avvocato Conte tiene ad aggiungere che «se emergesse che Siri è stato latore di un interesse privato e non generale, sarebbe una questione grave a prescindere da dazioni e promesse di pagamento».

Per finire con il capogruppo 5s alla Camera, Francesco D'Uva, che se a caldo si dichiarava «certo» dell'innocenza di Siri, ieri gli ha chiesto di «chiarire» e, nel frattempo, di «fare un passo a lato». DA

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