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Il calcio non si ferma "Ma serve la linea dura" Giorgetti vuole lo stop

Il presidente Figc Gravina: «Non la diamo vinta ai violenti». Polemica arbitri-Procura federale

Il calcio non si ferma "Ma serve la linea dura" Giorgetti vuole lo stop

Milano E il pallone va in cortocircuito. Sgonfiato dalla morte dell'ultrà Daniele Belardinelli e dai cori razzisti contro Napoli e Koulibaly della curva dell'Inter. Il boxing day, che mancava da quarantasette anni in Italia, manda al tappeto il calcio italiano. Anzi no. «Il campionato non si ferma, ma serve una linea dura», l'annuncio ieri pomeriggio del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina. Lo stesso che poche ore prima aveva messo in discussione lo svolgimento dell'ultima giornata di andata in programma domani, sostenendo che «sospendere il campionato è una riflessione da fare». Lo spettacolo va avanti per non darla vinta a violenti e razzisti, la spiegazione: «Si gioca per dare una risposta netta a chi pensa che attraverso alcuni atteggiamenti si possa contaminare il nostro mondo».

Il numero uno della Federcalcio ha spiegato che la decisione di scendere in campo è stata condivisa con il governo. «Ho sentito i vicepresidenti federali e soprattutto Miccichè che è presidente della Lega interessata. Mi sono confrontato anche con il sottosegretario Giorgetti - ha rivelato Gravina - e all'unanimità abbiamo condiviso che si va avanti».

Le parole dello stesso Giancarlo Giorgetti, che ha la delega allo Sport, sembravano andare nella direzione opposta: «I morti, le aggressioni, il razzismo dovrebbero indurre la federazione alla chiusura dei medesimi stadi più che sospendere le partite con conseguenti problemi di ordine pubblico». L'esponente del governo gialloverde aggiunge: «Oltre a punizioni esemplari è necessaria un'inversione di rotta. Le partite a rischio dovrebbero essere giocate a mezzogiorno e non alla sera, come avviene in Gran Bretagna». Giorgetti richiama tutti i protagonisti ad atteggiamenti più «meditati e consapevoli». Concetto ribadito da Gravina: «Bisogna abbassare i toni. Non accetterò più dichiarazioni di ogni genere da parte di chi tutela un interesse di parte legato al proprio orticello». Il messaggio dovrebbe essere per tutti i protagonisti, in particolare il pensiero corre ad Aurelio De Laurentiis che aveva criticato duramente la designazione dell'arbitro Mazzoleni per Inter-Napoli. Il presidente della Federcalcio difende la direzione di gara: «In campo c'erano giocatori troppo nervosi. Ci sono dichiarazioni inopportune: ho fatto le mie verifiche, l'arbitro ha preso tutte le decisioni giuste».

A chi sostiene che Mazzoleni avrebbe dovuto sospendere la partita per i buu razzisti a Koulibaly e i cori razzisti contro i napoletani, Gravina risponde senza mezzi termini: «La norma in merito è chiara: l'arbitro in questo momento non può interrompere la partita, l'unico soggetto che può farlo è il responsabile della sicurezza dell'ordine pubblico». Ancelotti ha anche detto che la prossima volta sarà il Napoli a uscire dal campo «e fa niente se perderemo». Ma Gravina non vuole arrivare a quel punto e si ripromette di rendere più facile sospendere le partite per i cori razzisti.

Sul tema si è innescato anche uno scontro a distanza tra la Procura federale e gli arbitri. Il procuratore Giuseppe Pecoraro ha preso subito posizione: «Per me la partita andava sospesa, infatti gli uomini della Procura hanno segnalato al quarto uomo e ai funzionari dell'ordine pubblico che il Napoli chiedeva lo stop. La decisione non spetta a noi, ma all'ordine pubblico d'intesa con l'arbitro». Marcello Nicchi, capo dei direttori di gara, ha risposto a muso duro: «Cori razzisti? C'è già tanta gente che parla a sproposito. Pecoraro? Lui faccia il procuratore, l'arbitro e gli addetti all'ordine pubblico fanno quello che devono fare».

E probabilmente anche per questo Gravina ha voluto ribadire la centralità della figura del presidente della federcalcio: «Tutti devono capire una volta per tutte che esiste una sola figura che ha la responsabilità della Figc in questo momento ed è il presidente federale. La federazione deve parlare una sola lingua, quella del sistema federale, attraverso il suo presidente».

L'alternativa è il solito cortocircuito del pallone.

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