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Il calcio è la nuova chiesa perciò colpiscono gli stadi

Gli strateghi dell'Isis saranno bastardi, ma sono abbastanza intelligenti da saperci colpire nei punti deboli

Il calcio è la nuova chiesa  perciò colpiscono gli stadi

Gli strateghi dell'Isis saranno bastardi, come qualcuno li ha definiti suscitando l'indignazione degli stolidi buonisti italioti, ma sono abbastanza intelligenti da saperci colpire nei punti deboli. Il più debole è il calcio, che è l'unico elemento di unità europea, molto più dell'euro, non da tutti i Paesi adottato. Il pallone infatti rimbalza ovunque, da Sud a Nord, appassionando folle immense che lo considerano un ludo ovvero un «gioco di pubblico carattere religioso» e non soltanto un semplice sport.Gli stadi sono cattedrali laiche costruiti per ospitare tornei e decine di migliaia di persone, i cosiddetti tifosi, sostantivo che deriva da tifo, cioè una malattia grave, un tempo inguaribile e assai diffusa. Questo la dice lunga sul grado di esaltazione collettiva provocato dal football in vari continenti, particolarmente nel nostro e nell'America del Sud. Le partite più importanti sono viste, grazie alla tivù, da miliardi di uomini e donne, tant'è che i diritti di immagine hanno un valore inestimabile.Insomma, l'oppio dei popoli evoluti è il calcio. Ne siamo dipendenti. Peccato che i terroristi se ne siano accorti e vogliano distruggerlo. Hanno già cominciato a farlo con scientifica crudeltà. A Parigi i kamikaze miravano a farsi saltare per aria in qualche tribuna per ammazzare quanta più gente possibile. Il piano è semifallito per puro caso. Altrimenti oggi saremmo ancora qui a contare le vittime. Esiste però la certezza che i criminali sterminatori di occidentali non demorderanno: si stanno già allenando per compiere un massacro allo stadio, e i tifosi suppongo ne siano consapevoli e tremino di paura anche solo recandosi al botteghino per acquistare i biglietti delle partite.L'incontro Germania-Olanda è stato annullato, idem quello tra Belgio e Spagna. Il sentore di pericolo ha consigliato gli organizzatori di lasciar perdere. E non siamo che all'inizio. Avanti di questo passo, quand'anche i match si disputassero, gli spalti sarebbero deserti: non saranno molti coloro disposti a rischiare la vita per un gol. Purtroppo queste sono le prospettiva del calcio: un generale impoverimento da cui sarà difficile risollevarsi finché i seminatori di morte non saranno stati sconfitti. Il terrorismo, bucando il pallone, sgonfia anche il desiderio dei tifosi di partecipare quali spettatori agli eventi sportivi che sino a ieri erano considerati i moderni «panem et circenses», per dirla con Giovenale.È la dimostrazione che i «soldati» dell'Isis hanno colto nel segno: costringere i cittadini «infedeli» a modificare le loro abitudini e addirittura a rinunciare ai divertimenti del dopolavoro. Ora la Francia si trova di fronte a un grave dilemma: confermare lo svolgimento dei campionati europei previsti a tarda primavera del prossimo anno, oppure non mantenere l'impegno assunto e azzerare le gare. Non vorremmo essere noi a decidere in proposito. Nella prima ipotesi va da sé che si tratterebbe di un azzardo, nella seconda, gli assassini griderebbero vittoria, felici di avere obbligato un grande Paese a piegarsi alla loro prepotenza. Tertium non datur.Nulla da aggiungere, se non concludere che qualsiasi sarà la scelta delle autorità d'Oltralpe, metteremo a repentaglio la nostra serenità.

Ammesso che non sia già stata distrutta.

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