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Calenda: "Una parte del Pd non vuole che il governo cada"

Il voto in Senato sulle mozioni pro e anti-Tav spacca il Pd. Calenda attacca: "Non si è neppure tentato di far cadere il governo. La verità è che una parte del Pd non vuole che il governo cada. Andando avanti così si rischia l'estinzione"

Calenda: "Una parte del Pd non vuole che il governo cada"

Il voto di mercoledì in Senato sulle mozioni pro e anti-Tav lascia strascichi pesanti in casa Pd. Dopo lo scambio di accuse tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, con il primo a dire che bisogna "mandare a casa il governo sui soldi alla Lega, non sulla Tav" e la pronta replica del secondo ("Uscire dall'aula o astenersi avrebbe portato a una crisi ancora più profonda del governo"), a Repubblica è ancora l'eurodeputato dem ad attaccare il Pd, "una parte" del quale "non vuole che il governo cada".

"Una parte del Pd non vuole la caduta del governo"

Come noto, il Pd ha votato contro la mozione dei 5 Stelle e a favore della propria e delle altre tre che chiedevano di andare avanti con l'alta velocità. Un errore, secondo Calenda. Per "colpire il governo ancora più duramente", dichiara l'ex ministro, serviva "votare la nostra mozione e lavorare con le altre opposizioni per astenerci o uscire dall'aula in blocco su quella del Movimento 5 Stelle, come peraltro Emma Bonino la leader di +Europa, suggeriva", l'opinione dell'eurodeputato. Che poi lancia un'accusa pesantissima: "Una parte del Pd, maggioritario nei gruppi parlamentari, non vuole che il governo cada", prima di prendere atto che "esistono due Pd. C'è il Pd di Renzi che controlla la maggioranza dei gruppi parlamentari. E c'è il Pd di Zingaretti, Franceschini, Gentiloni eccetera che controlla la maggioranza degli organi di partito".

"Ci sono due Pd che non si parlano mai"

Due Pd che "non si incontrano e non si parlano mai. E la classe dirigente dei due Pd si detesta reciprocamente molto più di quanto avversino Lega e 5 Stelle. Attenzione perchè a furia di litigare questo veleno sta scendendo nella base del partito", avverte l'ex ministro. Ma come uscire da questa situazione di perenne conflittualità interna? Secondo l'eurodeputato dem serve creare "un organo collegiale di cui facciano parte Renzi, Gentiloni, Zingaretti. Ma nessuno lo vuole, tutti vogliono mantenere le mani libere. Si usa la parola dispregiativa 'caminetto' per indicare una cosa senza a quale non si va da nessuna parte. L'esempio più lampante è stato la storia ridicola delle due petizioni perle dimissioni di Salvini". Poi una riflessione su Renzi, con il quale gli screzi - sempre in punta di tweet - sono pressoché quotidiani. "Gli ho risposto per le rime quando ha accusato, via Twitter, non meglio specificati Dem di essere contro la Tav, perchè mi sono stancato di questo teatrino quotidiano. Un teatrino che comprende anche la sostanziale paralisi della segreteria per paura di smuovere i fragili equilibri del partito. Se è pronto a lasciare il Pd? Non lo so".

"Il Pd rischia l'estinzione"

Secondo Calenda il Pd non basta più. Serve "un grande fronte democratico, che parli a un elettorato molto più vasto del Pd: si può fare con una lista unitaria o con più partiti alleati che rappresentino il mondo a cui il Pd non parla. Noi dem - riflette - possiamo scegliere di estinguerci lentamente, di separarci consensualmente o decidere una volta per tutte di finirla con queste ipocrisie e iniziare a lavorare insieme. La prima non è un'opzione almeno per me.

Abbiamo bisogno di una campagna nel Paese su punti qualificanti: istruzione, sanità e investimenti", conclude l'ex ministro.

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