Cronache

Il calvario dei malati di cancro: tre anni per avere i farmaci

Il rapporto choc sui pazienti oncologici fotografa la situazione in Italia dove in attesa dell'ok spesso si muore. La giungla delle regole: ogni regione ha le sue

Il calvario dei malati di cancro: tre anni per avere i farmaci

I numeri sui tumori in Italia raccontano due facce dello stesso male. L'anno scorso sono stati diagnosticati 366mila nuovi casi, 175mila persone sono morte e circa 3 milioni (il 5 per cento della popolazione) sono sottoposte a cure anticancro. Tuttavia la sopravvivenza a cinque anni è in aumento, salita dal 39 per cento nel 1990-92 al 57 per cento del 2005-07, e il 27 per cento di chi ne è stato colpito è definitivamente guarito. Negli ultimi 15 anni sono stati immessi sul mercato 63 nuovi farmaci antitumorali: oggi nel complesso ne sono disponibili 132. La lotta contro il cancro non conosce sosta e anno dopo anno conquista vittorie. L'ottavo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato ieri a Roma in vista dell'undicesima Giornata nazionale del malato oncologico che si celebra la terza domenica di maggio, è un dossier di oltre 200 pagine che fotografa il campo di battaglia. Perché curare non è soltanto trovare la terapia giusta, ma sapere chi è in grado di applicarla con maggiori prospettive di successo, dove farsi assistere, quanto sono lunghe le liste d'attesa, quanto costerà il trattamento al malato e alla sanità pubblica.

Uno dei grandi alleati del cancro è la burocrazia, con le lentezze e le inefficienze del sistema sanitario. Prendiamo il caso della disponibilità di farmaci innovativi per i pazienti. In questo caso i tempi di inserimento sono cruciali: periodi troppo lunghi, soprattutto se dovuti a ritardi e non a verifiche scientifiche, equivalgono a negare le terapie e il diritto all'uguaglianza di trattamento. Il Rapporto ne ripercorre le tortuosità grazie a una ricerca condotta da Favo (Federazione delle associazioni di volontariato oncologico), Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e Fondazione Censis.

L'azienda farmaceutica che presenta il dossier di un nuovo prodotto alla European Medicines Agency (Ema) apre un percorso lungo almeno tre anni prima di arrivare alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della relativa autorizzazione. Ma dopo oltre mille giorni assorbiti da valutazioni europee, analisi nazionali e trattative su prezzo e rimborsabilità, il farmaco non è ancora in commercio perché bisogna attendere il via libera delle regioni. E questa parte della giungla autorizzativa è la più fitta. Alcune regioni devono inserire il medicinale nel Prontuario terapeutico ospedaliero, altre (come Lombardia e Veneto) lo hanno eliminato. Con il Prontuario serve più tempo, ma dove la decisione è più rapida possono accadere altre disparità: per esempio, un'azienda ospedaliera adotta un farmaco e un'azienda sanitaria della stessa città no.

In Calabria la Commissione incaricata di aggiornare il Prontuario si riunisce in media ogni due anni e le aziende sanitarie sono costrette ad acquistare piccole dosi di medicamenti innovativi a trattativa privata, quasi clandestinamente. Gravi ritardi anche in Emilia Romagna, dove l'inserimento nel Prontuario richiede 110 giorni in più rispetto alla media nazionale. Il Lazio ha deciso di sciogliere il Prontuario, ma nel frattempo le procedure per autorizzare alcuni farmaci sono sospese. In Lombardia, dove non c'è Prontuario regionale, la scelta spetta ai singoli ospedali, aziende sanitarie e istituti (Irccs) in funzione del numero di pazienti e dei costi.

Il Veneto ha complicato il complicabile. In assenza del Prontuario si deve distinguere tra medicinali ad alto costo e non rimborsati: per i primi deve intervenire la Commissione farmaci innovativi della Rete oncologica veneta che ne può raccomandare l'utilizzo, per i secondi invece è lasciata libertà alle strutture terapeutiche di prescriverli con fondi propri. Così ogni azienda sanitaria si regola come crede e la disparità tra malati dello stesso territorio aumenta. In Campania invece i centri clinici possono comprare i farmaci anche se non sono inseriti nel Prontuario. La classica soluzione all'italiana. Oltre alla ricerca medica, anche la politica sanitaria ha tanta strada da fare.

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