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Caos M5s, Di Maio alla conta. E Dibba studia già da leader

Duello aperto tra Conte e Luigino: showdown a marzo Di Battista pronto: «Sempre stato contro l'intesa col Pd»

Caos M5s, Di Maio alla conta. E Dibba studia già da leader

È il M5s ma sembra la Dc alla vigilia di un congresso. Senza offesa per i democristiani superstiti. Si scrive Stati Generali, fissati in tutta fretta dal 13 al 15 marzo, si legge resa dei conti tra le correnti. Sorvolando sulle divisioni in gruppuscoli e bande nei gruppi parlamentari, tra due mesi ci sarà lo showdown tra due leader. E tra due idee diverse di Movimento. Luigi Di Maio contro Giuseppe Conte. Autonomisti versus organici al centrosinistra. In un bipolarismo che potrebbe ricompattare le decine di fazioni che stanno proliferando da mesi all'interno del corpaccione stellato. Ad aumentare le tensioni, le voci dal sen fuggite sulla possibilità di dimissioni di Di Maio da capo politico. Secondo il Fatto Quotidiano, l'addio è previsto per la fine di gennaio. Per alcuni dopo le elezioni regionali, per altri con un discorso accorato e responsabile proprio durante gli Stati Generali. Resta il fatto che è partita la conta. E il «serrate i ranghi».

Un primo segnale, ieri, è arrivato da Alessandro Di Battista. «Lui non ha mai abbandonato l'idea di diventare il leader del M5s», specificano fonti parlamentari grilline. L'ex deputato ha mandato in scena l'ennesimo riposizionamento. Di nuovo vicino a Di Maio. Perché, si riflette nei Cinque Stelle, se il capo politico dovesse davvero mollare il colpo, potrebbe essere proprio Dibba a sfidare il «correntone» governativo filo-Pd animato dal premier Conte con l'appoggio di Beppe Grillo e di deputati e senatori vicini al presidente della Camera Roberto Fico. Di Battista, inoltre, da sempre gode di un canale privilegiato con il ramo «milanese» del grillismo, incarnato da Davide Casaleggio. Il capo politico, da Cesenatico dove era in campagna elettorale per le regionali in Emilia - Romagna, ha spiegato: «c'è una parte minoritaria nel M5s che dice che bisogna entrare in uno dei due poli, io dico che noi dobbiamo continuare a essere alternativi ai due poli».

Di Battista, da appassionato di politica estera, ha fatto i complimenti al Di Maio versione capo della Farnesina. «Luigi Di Maio sta parlando come dovrebbe parlare un ministro degli Esteri. Qualcuno dice che è inesperto, però per me sta parlando bene - ha detto Di Battista in un'intervista al programma Povera Patria di Rai2 in onda domani - erano anni che aspettavo un ministro degli Esteri che parlasse di pace». Dibba sa che per vincere un congresso c'è bisogno di numeri e sapientemente si è inserito nella sfida sotterranea sulla Libia in corso tra Palazzo Chigi e il ministero degli Esteri. Concetti ribaditi in una lettera inviata al Fatto, condivisa su Facebook nel pomeriggio. Di Battista ha specificato di essere «sempre stato scettico sul governo con il Pd». Poi, come fatto da Di Maio negli scorsi giorni, ha elencato alcuni degli obiettivi raggiunti dal M5s al governo: reddito di cittadinanza, spazzacorrotti, decreto dignità.

Un bel capovolgimento rispetto alla difesa del senatore espulso Gianluigi Paragone. «Luigi Di Maio è stato il primo artefice» dei risultati del M5s, ha continuato Di Battista, e ha aggiunto: «in politica estera il tiro a Di Maio è indecente». Il tutto senza mai nominare Conte.

E Palazzo Chigi è al centro dei sospetti sulla fuga di notizie verso Il Fatto. Nell'entourage di Di Maio è partita la «caccia alla talpa».

Le piste seguite portano ad alcuni uomini vicini al premier in Parlamento, ma c'è chi fa notare che anche il portavoce di Conte, Rocco Casalino, si è allontanato dai vertici del M5s.

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