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Il carabiniere che parlò con don Tano suicida dopo gli attacchi subiti in tv

Il caso di Antonino Lombardo

Il carabiniere che parlò con don Tano suicida dopo gli attacchi subiti in tv

Tra i servitori dello Stato che hanno contributo all'arresto di Totò Riina, molti hanno pagato un prezzo alto. Infangati, processati, additati come traditori. Qualcuno, però, a quella stagione di bombe di mafia e veleni non è sopravvissuto. Il maresciallo Antonino Lombardo era il comandante della stazione dei carabinieri di Terrasini, e collaborò alle indagini che portarono all'arresto del boss, prima di entrare nel Ros, dove arriva con il suo bagaglio di contatti e confidenti creati lavorando sul territorio. Diventa peraltro l'unico carabiniere con cui il boss Tano Badalamenti, in prigione negli Usa, è disposto a parlare a proposito del processo Andreotti. Nel 1995 il mafioso acconsente a tornare in Italia per testimoniare, ma vuole che a «scortarlo» ci sia Lombardo. Lui accetta, ma non partirà mai. Pochi giorni prima del volo per gli Usa, il maresciallo finisce sotto attacco in tv. A sparare accuse pesantissime, definendo «l'ex capo della stazione dei carabinieri Terrasini» - mai nominato per nome - un «colluso con la mafia» è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. E quando Santoro si collega con Terrasini e dà la parola al sindaco della cittadina, Manlio Mele, quest'ultimo conferma. Santoro, invece, non lascia parlare il comandante generale dell'Arma, Luigi Federici, che chiama in trasmissione e chiede invano di intervenire a difesa di Lombardo. Che non regge l'onta. E il 4 marzo si spara un colpo in testa nel cortile della caserma.

«Mi sono ucciso per non dar la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto».

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