Cronache

Il carabiniere superteste: "Cucchi fu picchiato e preso a calci in faccia"

Tedesco parla dopo nove anni di silenzio Il generale Nistri: "L'Arma sarà parte civile"

Il carabiniere superteste: "Cucchi fu picchiato e preso a calci in faccia"

«Dire che ebbi paura è poco. Ero terrorizzato. Ero solo contro una sorta di muro». Il carabiniere Francesco Tedesco ieri ha rotto nove anni di silenzio ed è comparso come super test davanti alla corte di assise raccontando il «violentissimo pestaggio» subito da Stefano Cucchi.

Un pestaggio, al quale lui giura di aver solo assistito, indicando come autori materiali i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, imputati con lui di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto del geometra e calunnia, assieme al maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne portato il romano la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 dopo il fermo. Il carabiniere Vincenzo Nicolardi, invece, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti dei tre agenti di polizia penitenziaria processati a conclusione della prima inchiesta e sempre assolti. È a loro e alla famiglia della vittima che Tedesco ha chiesto scusa prima di iniziare a spiegare che, portato nella caserma della Compagnia Casilina, Cucchi si rifiutò di sottoporsi al fotosegnalamento e, dopo un continuo battibecco a suon di offese e parolacce con Di Bernardo, fu picchiato dallo stesso. «Cucchi cadde all'indietro battendo la testa a terra, io sentii il rumore e fu raggiunto da un calcio al gluteo, all'altezza dell'ano da D'Alessandro, che lo colpì con la punta della scarpa - dice Tedesco -. Sempre D'Alessandro diede a Cucchi un calcio in faccia, sulla testa. Urlai ai collegi basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete, poi aiutai Cucchi ad alzarsi, gli chiesi come stesse, mi rispose che stava bene. Io sono un pugile, mi disse. Ma si vedeva che era intontito». Il testimone è convinto che senza il suo intervento avrebbero continuato a picchiarlo. Tornato Tedesco raccontò tutto al maresciallo Mandolini, che convocò gli altri due.

«Io ero sotto choc per quanto accaduto, lui era ancora stordito, mi aveva soltanto chiesto del metadone e un altro farmaco - ricorda Tedesco -. Poi fummo chiamati da Mandolini nel suo ufficio, il maresciallo mi fece firmare un verbale che non ebbi modo di leggere perché di lì a poco sarei dovuto andare in tribunale a testimoniare sull'arresto di Cucchi. Stefano invece si rifiutò di farlo».

Dopo in caserma gli altri trattavano Tedesco come non esistesse: «Questa cosa, unita alla sparizione del verbale, l'ho vissuta come una violenza». «Dalla fine di ottobre 2009 sono stato 6 giorni in ferie - prosegue -. Mi ricordo, mentre ero in ferie, una sera ero sul letto e venni chiamato al telefono da Di Bernardo e D'Alessandro che mi dissero fatti i c... tuoi su quello che è successo, mi raccomando. Mandolini mi minacciò e mi disse tu devi seguire la linea dell'Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere». E giura di non aver trovato il coraggio di confessare quando Casamassima ha iniziato a parlare.

Soddisfatta Ilaria Cucchi: «Oggi dopo dieci anni di tentati depistaggi quasi riusciti, in quest'aula di giustizia entra la vera storia di quella notte. Non siamo più soli: il comando generale dell'Arma si è schierato con la verità». Il generale Giovanni Nistri ieri ha fatto sapere che l'Arma è pronta a costituirsi parte civile e il premier, Giuseppe Conte ha dato via libera a nome del governo affinché anche l'amministrazione della Difesa segua la stessa strada.

Infine Luigi Di Maio promette che chi si macchiò del decesso di Stefano pagherà.

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