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Casa di Montecarlo, resa dei conti contro Fini

Scontro tra ex big di An sull'affaire Tulliani. Laboccetta: «Sapeva tutto, deve confessare»

Casa di Montecarlo, resa dei conti contro Fini

Roma Non c'è pace tra gli eredi di Alleanza Nazionale, alle prese con la coda giudiziaria della casa di Montecarlo che ha sbugiardato del tutto la fragile linea difensiva dell'ex leader e dei suoi familiari. E adesso è proprio Amedeo Laboccetta, già socio del re delle slot Francesco Corallo oltre che parlamentare di An quando Fini era a capo del partito, che appena scarcerato punta il dito contro Fini. Negando che sia un «coglione», e insinuando il sospetto che, semmai, l'ex politico che si dice abbindolato dalla famiglia della compagna, Elisabetta Tulliani, sia invece solo omertoso.

Volano stracci, insomma. E certo l'affaire monegasco aveva già all'epoca messo l'un contro l'altro ex compagni di partito, con quelli fedeli al fondatore di An che minimizzavano il pasticcio dell'appartamento ereditato e finito al cognato di Fini, e gli altri che non mancavano di rinfacciare il «tradimento» del gesto della Colleoni. Fini, come è noto, negava, negava e negava. E nega anche oggi che le panzane della macchina del fango sono state spazzate via dall'indagine della Dda che ha rivelato anche gli intrecci finanziari tra i Tullianos e Corallo, fino a scoprire il deposito di due terzi dei soldi incassati dalla plusvalenza ottenuta da quell'appartamento sul conto corrente proprio di «lady Fini». «Non ne so niente», insiste, chiamandosi fuori dalla vicenda che ormai risucchia i suoi nuovi congiunti come sabbie mobili. A confutare la professione di innocenza ecco Amedeo Laboccetta, rintracciato dal Tempo appena uscito, grazie al Riesame, da due settimane in cella a Regina Coeli. L'uomo sembra non condividere quel giudizio così tranchant - «Sono un coglione» - che Fini dà oggi di se stesso. «Non è un allocco né il coglione che vuol far credere», spiega al quotidiano l'ex deputato. Che boccia il suo ex presidente dal punto di vista politico («è stato un grande sprovveduto») ma per il resto considera Fini una sorta di maestro del camouflage, una persona «tutta da scoprire» sulla quale, ipotizza Laboccetta, starebbero indagando anche gli inquirenti. Perché, per dirne una, l'ex deputato nega di aver mai avuto pressioni dall'amico Corallo per «correggere» il decreto sulle slot, e nega anche che pressioni del genere le abbia fatte Fini. Ma dell'ex capo aggiunge che «si muove in maniera indiretta, utilizzando forse altri esponenti», agisce «con passi felpati» ed è insomma un «subacqueo» anche in senso lato. Ma le frecciate di Laboccetta non finiscono qui. Perché l'ex esponente di An rivela che fu direttamente Fini a presentare i Tullianos a Corallo, e aggiunge che era cosa nota che la nuova famiglia dell'allora presidente della Camera era alla ricerca di una casa a Montecarlo, ipotizzando che «evidentemente Fini avrà suggerito» di cogliere l'opportunità della casa donata al partito dalla defunta contessa Colleoni.

Insomma, «Fini sa tutto di questa storia», compreso il dettaglio non trascurabile che il prezzo di quella casa non venne pagato dai Tullianos (che hanno incassato invece i soldi della ricca cessione) ma da Corallo.

A chiudere una triste pagina di storia politica con appendici giudiziarie può essere proprio Fini, sentenzia Laboccetta: «Deve confessare, deve raccontare la verità».

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