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Il cattivo maestro Negri giustifica in cattedra la "violenza operaia"

L'ideologo ospite dell'Università di Genova: «La lotta armata? Un momento di ricchezza»

Il cattivo maestro Negri giustifica in cattedra la "violenza operaia"

Il cattivo maestro torna in cattedra, gentilmente offerta dall'Università e dal Comune di Genova (giunta di sinistra). Come fondatore di «Potere operaio», leader di «Autonomia operaia», teorico dell'estrema sinistra italiana, considerato l'ideologo della lotta armata, condannato per associazione sovversiva e poi a lungo latitante, non si può dire che Toni Negri parli degli Anni di piombo in Italia senza cognizione di causa. Il suo era l'intervento più atteso, nota il quotidiano genovese IlSecoloXIX, all'interno del convegno su Sessantotto collaterale alla mostra «Gli anni del '68» patrocinata dall'amministrazione del sindaco Marco Doria (Sel, ex Rifondazione). Negri, dopo una lezione al «Centro sociale Zapata» per presentare il libro autobiografico Storia di un comunista («Dobbiamo liberarci dal lavoro e il primo modo per farlo è diffondere il reddito sociale per tutti»), è salito in cattedra alla facoltà di Architettura, nonostante la richiesta di annullare l'incontro arrivata dai famigliari delle vittime e da esponenti del centrodestra ligure. La tavola rotonda di Toni Negri con Luciana Castellina, ta i fondatori del Manifesto, e Guido Viale (ex Lotta Continua, recentemente animatore della lista Tsipras) non ha deluso le aspettative: «La violenza operaia, la violenza militante, ha costituito un momento di altezza della forma di lotta - ha spiegato l'ex leader di Poter Operaio -. La violenza c'è sempre stata nel movimento operaio e la ricostruzione di un movimento passerà necessariamente attraverso delle fasi di lotta dura». Sulla guerra civile che ha insanguinato l'Italia negli anni '70 Toni Negri ha idee precise: «Certamente c'è stato il terrorismo di Stato, ma abbiamo anche noi risposto con violenza. Abbiamo sbagliato a farlo? Non credo. La violenza operaia e militante ha costituito un momento di estrema ricchezza». Violenza che Negri non esclude di rivedere all'opera: «Oggi il nostro problema è ricominciare a identificare una classe sociale di sfruttati, ma è evidente che la ricostruzione di un movimento passerà necessariamente attraverso fasi di lotta dura». Invitare Negri a Genova, città dove vennero uccisi dalle Br quattro carabinieri, un commissario di polizia ed un magistrato con la scorta «è un affronto alle famiglie delle vittime ed alla democrazia», ha protestato il centrodestra, chiedendo le dimissioni del sindaco e del rettore.

Condannato a 30 anni di carcere, ridotti a 12 in appello, Toni Negri è libero dal 2003, dopo la latitanza, un patteggiamento e quindi la semilibertà, ma non gli è permesso di prendere parte alle elezioni né di insegnare. A parte gli inviti a convegni e incontri pubblici, in cui raramente manca di generare polemiche, come qualche anno fa a Ferrara disse che «i dirigenti del Pci meriterebbero un processo pubblico. Quando i compagni delle Brigate Rosse sparavano loro nelle gambe io non ho mai condiviso i loro metodi, sia chiaro non facevano male ad avercela con loro, perché queste persone hanno distrutto tutto un patrimonio di lotte».

Eletto deputato radicale nel 1983, dall'età di 60 anni, cioè dal 1993, ha ricevuto un vitalizio di 3.108 euro mensili, cinque volte la pensione d'un operaio medio, per aver frequentato la Camera per due mesi (e nove sedute in tutto) per poi fuggire in Francia. Da neppure un anno però Toni Negri, che vive tra Parigi e Venezia con la filosofa francese Judith Revel, deve fare a meno del vitalizio di Montecitorio. É uno dei sei ex parlamentari a cui l'Ufficio di presidenza della Camera, lo scorso ottobre, ha revocato il privilegio, avendo subito una condanna definitiva superiore ai due anni.

Niente più vitalizio, dopo averlo incassato per 23 anni, però.

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