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Il centrodestra unito vola: in 4 anni è cresciuto del 16%

Boom di consensi rispetto al 2013. Torna il bipolarismo locale e il Pd si salva con le liste civiche. La paralisi M5s

Il centrodestra unito vola: in 4 anni è cresciuto del 16%

Sedici punti e mezzo in quattro anni. Eccolo, il balzo che ha trainato finora la vittoria del centrodestra sul ring delle amministrative, con il vantaggio in 13 dei 19 ballottaggi conquistati su 22. I consensi macinati dalla coalizione di Forza Italia, Lega e Fdi dalle Politiche del 2013 a oggi staccano nettamente quelli degli altri due attori del tripolarismo che se non perdono, quantomeno restano fermi. La fotografia scattata dall'Istituto Cattaneo che ha distribuito il peso del voto «nascosto» nelle liste civiche nei due schieramenti di riferimento, non solo certifica la frattura tra due sistemi - il ritorno del bipolarismo locale e il tripolarismo nazionale - ma rivela che i partiti di centrodestra sono stati gli unici a crescere rispetto ai risultati delle ultime elezioni nazionali. Forza Italia del 3,2, i partiti più a destra come Fdi del 2,3, e la Lega di ben 8 punti percentuali: un'espansione che questa volta la coalizione è riuscita a capitalizzare presentandosi unita nelle città ed evitando la dispersione del voto politico. Così, se è vero che l'astensionismo è cresciuto, con l'affluenza calata secondo Cattaneo di sei punti rispetto al 2012, è cresciuto anche un elettorato «forzaleghista» che nei territori ha deciso di premiare le opzioni unitarie. Per la tenuta, un po' scricchiolante, del centrosinistra il Pd deve invece ringraziare l'apporto delle liste civiche, decisive come nel caso di Palermo.

Seppur con dovuti margini di distinzione tra urne locali e nazionali, il paragone con le Politiche certifica il lento declino dei democratici. Dagli inizi della rottamazione renziana nel 2013, che avrebbe toccato il suo picco con il 40% delle Europee, il Pd ha perso il 3,2 per cento dei consensi. Non va meglio a sinistra, dove la progressiva frammentazione aggravata dall'ultima scissione dei bersaniani ha sacrificato l'1,7%. Nell'area centrista di Angelino Alfano l'emorragia, a dispetto dei quattro anni di governo trascorsi tra Viminale e poi alla Farnesina, ha raggiunto i 4 punti, ma il vero crollo è del Movimento Cinque Stelle che ha lasciato per strada 18 punti rispetto a quel 25,8% con cui nel 2013 inaugurava la stagione tripolare e consegnava a Grillo lo scettro di primo partito italiano. Pure nel raffronto con le amministrative del 2012, quando era agli esordi, la parabola del M5s appare paralizzata. Allora raccoglieva nei comuni l'8,1% dei voti, mentre oggi si ferma in media al 7,8%. «Dopo cinque anni di amministrazione o di opposizione in alcune le liste pentastellate - scrive Cattaneo - sono rimaste elettoralmente immobili e, mediamente, al di sotto della soglia del 10%». E se le immagini della piazza stanca di Genova che il comico ha tentato di scaldare con l'ultimo comizio elettorale per il candidato Pirondini erano il segno premonitore del flop, il caso grillino non deve trarre in inganno. Lo ha ricordato l'ex premier Silvio Berlusconi, e lo ribadisce l'Istituto di ricerca nell'analisi dei flussi elettorali. Perché non solo come noto il Movimento non ha corso con alcuna lista civica, nel nome di una certa purezza grillina, ma anche perché il suo «elettorato è a fisarmonica, si allarga quando la competizione si muove in una dimensione nazionale, si restringe e si rimpicciolisce in chiave locale». Dove invece oggi si verifica il ritorno all'alternanza centrodestra-centrosinistra. Ma anche dal confronto con le amministrative di cinque anni fa il centrodestra esce ancora una volta vincitore, con la coalizione a tre che, guadagna oltre due punti percentuali grazie anche alla crescita dell'ala più a destra, tra Carroccio e Fdi. Il centrosinistra perde invece anche qui quasi tre punti.

Il polo centrista? In cinque anni ha bruciato il 7% dei consensi a livello locale.

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