Cronache

"Ma chi soffre di disturbi psichici di solito fa male solo a se stesso"

L'esperto: "Attacchi imprevedibili, solo il 3% attribuibili a malati mentali. Sui pazienti servono analisi più attente"

"Ma chi soffre di disturbi psichici di solito fa male solo a se stesso"

Claudio Mencacci, direttore emerito di Psichiatria dell'Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano e co-presidente della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF) l'uomo di 46 anni che due giorni fa nel centro commerciale di Assago ha accoltellato 6 persone, uccidendone una, è stato descritto come una persona che viveva ritirata dalla società, in casa con i genitori e che non è mia stato aggressivo.

«Sembra una condizione di psicosi, con un aspetto di persecutorietà. Non posso fare una diagnosi ma la cosa si manifesta con queste caratteristiche fatte dall'isolamento, ritiro, poche amicizie, qualcosa che sposta il campo della psicosi più sul versante di tipo persecutorio e paranoico».

I genitori dicono che da quando è stato operato alla schiena ha iniziato a vedersi come gravemente malato.

«Non sappiamo che idea della malattia si sia fatto, se si sentisse danneggiato o invalido ma sono forme che si definiscono dell'area psicotica e a volte correlate da aspetti allucinatori, uditivi o imperativi. Siamo di fronte a un crescente discontrollo degli impulsi: quando uno si autopercuote o passa alla violenza verso gli altri si tratta di una condizione di discontrollo dell'impulsività. Non si capisce bene se chi è attorno venga vissuto come qualcosa di fortemente minaccioso».

Si prendeva a pugni il volto, ma in pronto soccorso non era stato in grado di spiegare il motivo del suo gesto autolesionistico.

«Il fatto di essere preda di questa impulsività e aggressività... le indagini stabiliranno se aveva utilizzato anti inibitori come alcol o altro. È un luogo comune che le persone che soffrono di disturbi mentali sono violente. Solo il 3 per cento degli atti di violenza sono attribuibili a persone che soffrono di malattie mentali. Di norma chi soffre di disturbi psichici è vittima piuttosto che carnefice».

Anche i genitori dicono non è mai stato violento o aggressivo. Cosa prevede il protocollo nel caso di un accesso al pronto soccorso per atto autolesionistico?

«C'è sempre una valutazione della condizione fisica e della psicopatologia messa in atto, sulla scorta della storia della persona, se c'è o meno abuso di sostanze... si valuta la gravità delle condizioni. Non è che tutti quelli che commettono un atto autolesionistico devono essere ricoverati, basti pensare alla quantità di adolescenti che si sono presentati in pronto soccorso in questi 2 anni con lesioni da taglio o di chi ha tentato il suicidio, in questi casi non si utilizza il ricovero ma la presa in carico».

È automatica?

«No viene segnalata la persona e poi viene avvisato il centro di riferimento».

Se non chiama?

«Quando viene data un'indicazione di rivolgersi al centro è perché la persona possa ricevere le cure adeguate e sono sempre di natura volontaria ad eccezione del Tso».

Qual è il rischio di passaggio da un atto autolesionistico a un atto di violenza verso altri?

«Le persone tendono a farsi del male tanto che nel nostro Paese si contano 4mila suicidi l'anno, di cui 1200 di giovani cioè sotto i 26 anni. Il passaggio alla violenza verso gli altri è abbastanza raro».

Quali i campanelli di allarme?

«Il livello di irascibilità, irritabilità e persecutorietà».

Venendo al caso di Asso, il brigadiere che ha ammazzato il proprio comandante era stato ricoverato per depressione ma giudicato idoneo.

«Il tema delle armi per le forze dell'ordine è delicatissimo: se l'agente o il militare viene giudicato non in grado di portare l'arma viene segnata gravemente la sua carriera. La commissione giudica sulla base della documentazione specialistica che viene fornita».

Cos'è sfuggito allora?

«L'elemento dell'imprevedibilità che si può essere sovrapposto a una valutazione non attenta di alcune situazioni».

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