Cronache

Chiacchiere o pignolata. Il lato dolce del Carnevale è un affare da 150 milioni

I consumi: 12mila tonnellate l'anno di prodotti tipici. Che arrivano a costare 65 euro al chilo

Chiacchiere o pignolata. Il lato dolce del Carnevale è un affare da 150 milioni

Chiacchiere, frappe, bugie, crostoli. Anche il Carnevale - che entra nel vivo in questi giorni - ha il suo sovranismo. Un sovranismo dolce, dolcissimo. Perché ogni regione ha la sua tradizione, e nomi differenti designano dolci spesso non troppo dissimili, quasi tutti a base di sfoglie di pasta fritte.

Il censimento dei dolci di Carnevale lo ha fatto Coldiretti, che ha svelato tradizioni e numeri di una delle feste più zuccherine dell'anno. Secondo un'indagine commissionata dall'organizzazione a Ixè, nella settimana di Carnevale vengono consumati circa 12mila tonnellate di dolci tipici per una spesa complessiva attorno ai 150 milioni di euro. Il costo varia dai 5 euro al chilo per le preparazioni casalinghe alla spesa dai 15 ai 30 euro, con picchi anche di 65 euro, per le diverse specialità in vendita nei forni e nelle pasticcerie. Il fai-da-te è molto diffuso (38 per cento) sia grazie alla relativa facilità della preparazione di questi dolci sia perché molti italiani amano assicurarsi che gli ingredienti utilizzati siano di buona qualità.

Il Carnevale è una festa legata alla religione cattolica, che ha il suo culmine alla vigilia della quaresima, della quale costituisce in qualche modo l'antitesi, essendo un periodo di rottura dell'ordine e di divertimento sfrenato spesso al limite della dissolutezza. Da un punto di vista del ciclo della natura e della vita contadina, rappresenta la cesura tra l'inverno e la primavera e il momento in cui iniziava la semina. Il digiuno quaresimale spingeva a consumare tutto ciò che era avanzato nelle dispense invernali in banchetti abbondanti che si concludevano inevitabilmente con dolci fritti eredità delle «frictilia» romane, realizzate con un impasto di farina e uova che veniva steso, tagliato e fritto nello strutto bollente.

E infatti in quasi tutte le regioni italiane si realizzano tuttora dolci di questa fatta. In Piemonte (e in Liguria) sono diffuse le bugie, che spesso hanno la forma di rombo e sono a volte ripiene di marmellata. In Lombardia si chiamano chiacchiere (ma a Mantova ci sono le lattughe), nome diffuso anche in alcune regioni del Sud. In Veneto si parla di galani, in Trentino di grostoi, in Friuli-Venezia Giulia di crostoli, in Emilia di sfrappole o lasagnette, in Toscana di cenci. A Roma ecco le frappe, che in Umbria si arrossiscono di alchermes.

Molto diffuse al Sud le palline di pasta fritte, che si chiamano di solito pignolata.

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