Cronache

Chieti e quei sei colpi uguali. Video per incastrare le belve

Al setaccio i filmati dei bancomat e della sorveglianza La banda formata da un italiano e malviventi dell'Est

Chieti e quei sei colpi uguali. Video per incastrare le belve

Avevano studiato tutto a tavolino. Conoscevano le abitudini delle vittime, gli orari, gli spostamenti, perfino la piantina di casa.

La banda di belve, che domenica all'alba ha compiuto la sanguinosa rapina a Lanciano (Chieti), per giorni aveva seguito il chirurgo Carlo Martelli e sua moglie Niva Bazzan e sapeva quando entrare in azione. L'efferato assalto, però, ha sei precedenti simili avvenuti nel Frentano nell'ultimo anno e culminati con pestaggi e mutilazioni. Ed è proprio su questo punto, l'esistenza di un'unica banda, probabilmente dell'Est, specializzata in rapine sanguinose, che si concentra l'attenzione degli investigatori. Ieri in Procura a Chieti si è tenuto un vertice tra gli uomini della squadra mobile, del commissariato di Lanciano e gli esperti dello Sco, giunti da Roma per collaborare alle indagini. Indagini che partono dalla testimonianze della gente del paese, ascoltata per sapere se qualcuno ha notato qualcosa di strano o visto sconosciuti aggirarsi attorno alla villa dei Martelli. Risposte concrete arriveranno delle immagini delle telecamere presenti in zona e da quelle in entrata e uscita da Lanciano. Gli inquirenti hanno sequestrato anche i filmati del bancomat, da dove i tre componenti della banda hanno prelevato il denaro, mentre il quarto sorvegliava i due coniugi nella villa.

Arrivare a tracciare un identikit attendibile non sarà facile, perché i cinque balordi o sei, non è esclusa infatti l'ipotesi di un basista, indossavano guanti e avevano il volto coperto. Ma in qualcosa si sono traditi. Uno solo, infatti, il capo, il più sanguinario, quello che è arrivato a tagliare il lobo dell'orecchio destro a Niva, ha parlato in un italiano fluente, forse per sviare le indagini e far credere alla polizia di aver di fronte una banda nostrana, mentre per furia e violenza militaresca è verosimile provenga dall'Est.

Molti i punti ancora da chiarire, ma è certo che i banditi sapevano che, passando dalla grata sopra la taverna, avrebbero avuto facile accesso ai piani superiori. Non è escluso che abbiano fatto diversi sopralluoghi e divelto la grata nei giorni precedenti al colpo, per evitare ostacoli. Ma nell'abitazione non erano entrati, perché cercavano una cassaforte inesistente. Dettagli utili arriveranno anche dalle analisi della scientifica effettuate sulla Yaris di Niva, utilizzata dalla banda per andare a prelevare il denaro e sulla Fiat Sedici del chirurgo, usata per la fuga e ritrovata in contrada Serre, in direzione della Val di Sangro e del casello autostradale dell'A14.

Sei rapine violentissime sono ora sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori, perché presentano tratti comuni a quella di Lanciano. L'ultima risale al 4 agosto a Paglieta, quando un 33enne è stato colpito in testa con delle torce. Tre banditi, invece, ad Atessa in primavera con un tirapugni hanno fratturato il braccio al titolare di un'agenzia di pratiche auto per 600 euro.

Non è andata meglio a un commerciante di San Vito, pestato a sangue da quattro balordi che gli hanno amputato l'indice di una mano e un anno prima a un imprenditore, sequestrato e ridotto a una maschera di sangue. Il 3 ottobre a Guardiagrele, invece, è stata presa d'assalto la villa di un imprenditore, sequestrato e picchiato con la moglie da rapinatori a caccia della cassaforte. Stessa sorte per altri due coniugi che a Santa Maria Imbaro, presi a calci e pugni da cinque belve: lui ha avuto anche cinque punti di sutura alla testa.

«Mi hanno tritato», ha ripetuto anche ieri Martelli, ricoverato in chirurgia in prognosi riservata. La moglie, invece, è in Unità coronarica per il forte stress psicofisico subito, ma non è stato possibile riattaccarle quel lobo amputato dalle bestie.

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