Cronache

"Ci mancava pure er teremoto..." La città eterna si sente maledetta

I romani sconsolati alle prese con l'ennesimo problema

"Ci mancava pure er teremoto..." La città eterna si sente maledetta

«Non avevo capito cosa stava succedendo, poi ho sentito i vicini di casa cinesi che strillavano telemoto, telemoto». E un'altra romana: «Non ce bastavano li frigoriferi mo' pure er teremoto». Con una «r» sola, come si pronuncia da queste parti. Arrivano le chiamate da parenti e amici allertati dalle notizie dei tg, e per una volta ci si sente non solo centro ma un po' anche epicentro. Per strada si parla solo della «botta», si risponde al telefono per rassicurare con aria grave: «Che paura, ma stiamo tutti bene». Noi, i vicini di casa, la zia che abita ai piani alti e pure il vecchio Colosseo. Facce scure, ma poi torna a galla il solito sarcasmo al cacio e pepe.

Risate amare, perché stavolta la paura è stata tanta, da decenni non si tremava così forte in una città che si vanta d'eternità, ma non si è mai sentita così evanescente, vulnerabile, «una carta sporca» direbbe Pino Daniele. Gli esperti giurano che la città non è a rischio sismico, ma vedere la metropolitana chiusa per controlli, le scuole che lasciano a casa i bambini per precauzione, i calcinacci che cadono giù dalle antiche basiliche che a Roma le hanno viste davvero tutte, i tecnici con l'aria preoccupata che scrutano le crepe su una cupola del Bernini, rende tutto più reale, il rischio palpabile, le notizie drammatiche che si ascoltano sui tg pensando «poveretti» improvvisamente suonano come premonizioni.

Siamo proprio sicuri che l'urbe sia eterna? Le certezze vacillano con onde di magnitudo crescente. E i romani vivono questa nuova paura come una maledizione. L'ennesimo guaio che si iscrive in una lista che pare infinita. Al traffico, ai disservizi tradizionali sopportati con un'alzata di spalle e una battuta salace, si sono aggiunti gli scandali, la scoperta che al solito losco intrallazzare si poteva dare il nome di mafia, come se Roma fosse una Sicilia qualunque. Al sindaci marziano ne è succeduta una che fin qui pare lunare, col suo goffo tentativo di giustificare i disservizi con un complotto di frigoriferi. Quest'estate la città si è beccata pure un'ondata minacciosa di incendi, gli autobus che si rompono uno dietro l'altro e alla fine il problema «risolto» con un taglio delle corse venduto come «operazione verità». E come dimenticare i mucchi di spazzatura, con i ragazzini che fanno a gara a contare i topi. E la metropolitana alla fine dopo i controlli riaprirà, ma tanto lo sanno tutti che prima o poi, come è successo la settimana scorsa, uno sportello si stacca e si ferma tutto di nuovo. Senza contare che la nuova linea inaugurata ma senza collegarla davvero alle altre, un'opera scandalo che ha inghiottito un mucchio di milioni e le speranze di attraversare Roma senza diventare ostaggio del traffico, di girarla finalmente in meno tempo di quando si viaggiava con la biga. I romani ora hanno paura, ma soprattutto si sentono vittime di una maledizione.

E in fondo sanno che anche se Roma non sorge su una faglia, una città così antica e trascurata qualche rischio lo corre per forza. Anche perché il terreno alluvionale su cui sorge amplifica le scosse che periodicamente arrivano dall'Appennino. Non tutti ricordano che perfino il suo eterno simbolo, il Colosseo, ha la forma attuale proprio a causa del terremoto. Anzi dei terremoti: alcuni pezzi di arcate crollarono nel sisma del 1348. Altri nel disastroso terremoto del 1703, un evento che ricorda da vicino quelli di questi ultimi giorni: una scossa tremenda colpì l'Appennino abruzzese e distrusse l'Aquila, senza fare strage solo perché una scossa precedente aveva fatto scappare tutti. E poi è sismica pure la zona dei Castelli Romani, che dista pochi km a Sud e custodisce vulcani spenti da migliaia di anni, che però secondo alcuni esperti darebbero segnali di lento risveglio. Se non ci si preoccupa davvero è solo perché non fu mai il nemico esterno a distruggere la città. È sempre stata Roma a mangiare Roma.

E le lotte tra i cesari fanno peggio dei barbari.

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