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Ci mancava solo la scuola dei maestri vip

Il neo ministro leghista dell'Istruzione promuove la "didattica" del reality show

Ci mancava solo la scuola dei maestri vip

Povera quella scuola che ha bisogno di «supplenti» vip per accreditarsi (in termini di appeal e autorevolezza) agli occhi dei suoi studenti. Roberto Saviano, Enrico Mentana, Mara Maionchi, Flavio Insinna e J-Ax sono cinque personaggi degnissimi, ma se una classe di un istituto superiore ha bisogno di loro per creare un minimo di interesse durante una lezione, allora vuol dire che il mondo della pubblica istruzione ruota ormai su un asse sbagliato. Emblematico il coro di elogi che ha accompagnato, soprattutto sui social, la serie «Il supplente» andata in onda su Rai2. È la nuova «didattica» del reality show, bellezza; e tu (inteso anche come ministro della Pubblica istruzione) non ci puoi far niente. Il risultato è tragicomico e paradossale al tempo stesso. Ma perfettamente in linea con l'epoca fiction che stiamo vivendo. Immaginate una scolaresca che finge di scoprire (con le telecamere in aula?) che arriverà un «supplente» a causa dell'indisponibilità del barbosissimo prof di ruolo. Suona la campanella. Entra in aula il vip di turno che finge di vedere i ragazzi per la prima volta e comincia a propinargli un «improvvisato» e «spontaneo» pistolotto «educativo». A questo punto i ragazzi, invece di ammutinarsi, si ammutoliscono, ammaliati da «racconti di vita» interessanti quanto la polemica tra Fabrizio Corona e Selvaggia Lucarelli (magari prossimi «supplenti» nella nuova serie che riprenderà a settembre?).

Intanto il mondo della scuola - quello reale, non quello reality - resta infognato nelle sabbie mobili di sempre, con in più l'ottusità burocratica delle graduatorie che ha ripreso il posto del presunto criterio «meritocratico» della «buona scuola» renziana. Per il resto basta dare un'occhiata all'ultimo numero del mensile Tuttoscuola. Sfogliarlo equivale a capire che aria tira tra l'elefantiaco corpo dei docenti supersindacalizzati e il gattopardesco ambiente ministeriale di viale Trastevere, fedele nei secoli al motto «bisogna cambiare tutto per non cambiare niente». Nel mirino non solo il neo ministro del Miur, il leghista Marco Bussetti, ma anche il suo capo del partito, nonché responsabile dell'Interno, Matteo Salvini. Al titolare del Viminale (definito da Saviano «ministro del malaffare», nonché «buffone», «codardo» e «incapace») Tuttoscuola dedica tre servizi con titoli che sono tutto un programma: 1) «Salvini punta sulla paura del diverso, ma la scuola non ci sta»; 2) «Se il vice premier Salvini si improvvisa ministro della Salute»; 3) «Se il vice premier Salvini si improvvisa ministro dell'Istruzione».

Le «colpe» contestate al ministro? Una serie di annunci (tanti) e di azioni concrete (assai meno) di elementare buonsenso.

Ma tanto è bastato a scatenare - anche nelle scuole - la campagna anti-Salvini capeggiata da Roberto Saviano, le cui lezioni da «supplente» sono già state prenotate da decine di istituti superiori. Che l' «Educazione alla propaganda» sia già una nuova materia di insegnamento?

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