Barcellona sotto attacco

Ci tolgono la libertà di passeggiare

Colpiti i luoghi del relax cari a Goethe e Baudelaire. Tornare a occuparli è un dovere

Ci tolgono la libertà di passeggiare

«Quello che non capisco studiando lo capisco camminando». Lo diceva Goethe, che nelle passeggiate per le città italiane di fine Settecento trovò un imprevedibile sollievo alle inquietudini spirituali («tanto più nelle strade regnano chiasso e rumore, tanto più il mio animo si fa tranquillo»). Il poeta di Weimar non si sarebbe trovato a disagio nel caos un po' volgare della Ramblas di Barcellona, o alla festa del 14 luglio sulla Promenade des Anglais di Nizza, o in mezzo ai mercatini natalizi del Kürfustendamm berlinese.

Ad accomunare questi luoghi, e molti altri tra quelli presi di mira dal terrorismo dell'Isis, non solo scene di dolore e di orrore, ma anche la rappresentazione di vita a cui ogni giorno fanno da sfondo. Perché il boulevard, come lo chiamano i francesi, l'italiano «Corso», è tra i simboli misconosciuti della modernità, il palcoscenico sul quale la città offre il meglio e il peggio di sé. I boulevard, è stato scritto, sono la «via trionfale» dell'era contemporanea, l'equivalente di quello che era la Corte signorile nel Medio Evo. Un simbolo, appunto. E la violenza degli attacchi suicidi, nella sua cecità opportunistica, contro i simboli si scaglia. Così oggi è diventato un pericolo perfino passeggiare, andare in giro nelle strade che pure abitiamo e frequentiamo quotidianamente.

I francesi hanno un verbo, flâner, che letteralmente si traduce come bighellonare, gironzolare, perdere tempo. Ma secondo molti il significato profondo della parola rimane intraducibile. E l'irriducibilità in altre lingue è merito, o colpa, di Charles Baudelaire, il poeta, che fece della flânerie un modello. Per lui il flâneur non è l'ozioso perditempo che vaga nullafacente per le strade, anzi. È lo spettatore intelligente della commedia umana, l'osservatore distaccato e allo stesso tempo appassionato di ciò che accade sotto i suoi occhi di artista-poeta. «La folla è il suo elemento, così come l'aria lo è per gli uccelli e l'acqua per i pesci. La sua passione e la sua professione sono quelle di diventare una sola carne con la folla stessa», ha scritto Baudelaire. «È lontano da casa ed ugualmente a casa dappertutto; vede il mondo, è al centro del mondo ed eppure al mondo rimane nascosto».

Un po' esploratore della modernità urbana, un po' simbolo dell'alienazione impersonale della civiltà di massa, il flâneur, colui che passeggia per la città, è diventato oggetto di trattati filosofici e opere letterarie. Oggi pure lui deve fare i conti con le bandiere nere dell'Isis. E anche chi del flâneur baudeleriano ha le abitudini ma non le ambizioni poetiche e intellettuali, si trova di fronte a una minaccia che impone una scelta.

Da una parte il gusto molto italiano e sanamente provinciale della passeggiata senza meta, fatta con il solo gusto della scoperta casuale, nel nome della serendipità (altro calco di una parola intraducibile, questa volta inglese, serendipity, che indica la scoperta di qualche cosa di inatteso e importante che non si cercava neppure). Dall'altra il cedimento alla paura e a chi del mondo ha una visione sostanzialmente nihilista.

In molti Paesi, di fronte allo stillicidio di attentati, si è deciso che la vita non si ferma, che il terrore non può prevalere: concerti, partite, iniziative pubbliche, tutto deve continuare come previsto. È una prima vittoria.

Per questo da oggi la passeggiata in centro diventa un dovere civile.

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