Mondo

Cinque anni in Italia: il piccolo leader dell'Isis era muratore a Novara

Spuntano collegamenti con il caso Delnevo, anche Chouchane andò a combattere in Siria

Cinque anni in Italia: il piccolo leader dell'Isis era muratore a Novara

Il tunisino Noureddine Chouchane, capo del Califfato a Sabrata ucciso da un bombardamento mirato americano il 19 febbraio ha vissuto in Italia per almeno 5 anni con regolare permesso di soggiorno. Le ultime tracce sul territorio nazionale risalgono al 2012, poi secondo il fratello Bilal il jihadista andò a combattere in Siria. All'inizio dello scorso anno il ministro dell'Interno, Angelino Alfano emette un decreto di espulsione del tunisino «per motivi di sicurezza nazionale», come conferma il Viminale, per «fatti successivi al 2012». Il terrorista aveva impiantato un campo di addestramento delle bandiere nere a Sabrata, da dove sono partiti i kamikaze delle stragi in Tunisia dello scorso anno al museo del Bardo, dove morirono anche quattro turisti italiani e sulla spiaggia di Sousse. Sempre a Sabrata sono stati tenuti in ostaggio negli ultimi otto mesi i quattro tecnici italiani rapiti, mentre rientravano dalla Tunisia alla Libia.Ieri Filippo Calcagno, uno dei due sopravissuti, ha dichiarato: «Non so se eravamo in mano all'Isis o a delinquenti. Lo stabiliranno altri. Ma certamente eravamo tenuti da criminali».

Salvatore Failla e Fausto Piano, gli altri due ostaggi che torneranno nelle bare sono stati falciati dalle milizie di Sabrata nel deserto, mentre i loro carcerieri li trasferivano a bordo di due fuoristrada. Oltre agli italiani sono morti in sette, quasi tutti tunisini come il super terrorista Chouchane.Il 2 marzo la brigata «Febbraio al Ajilat-2» posta su Facebook le foto delle vittime e dei documenti sequestrati nei raid contro i covi dello Stato islamico a Sabrata, dopo il bombardamento americano. Così il Giornale scopre, che l'emiro Chouchane, si era fatto rilasciare ben due passaporti tunisini in Italia. Il primo dal consolato di Genova nel gennaio del 2011 ed il secondo all'ambasciata di Roma, pochi giorni dopo. Per avere un duplicato deve aver denunciato il furto o lo smarrimento del primo documento di viaggio. «Il passaporto rilasciato al consolato di Genova era ragionevolmente genuino, ma il soggetto non viveva in città» spiega Silvio Franz, pm del capoluogo ligure.

Dal Viminale fanno sapere che Chouchane è rimasto in Italia per 4-5 anni «con un premesso di soggiorno rilasciato ad Ancona», dove il genovese Giuliano del Nevo è stato reclutato per andare a combattere con il Califfato in Siria trovando la morte.II futuro capo delle bandiere nere a Sabrata si sposta a Romentino in provincia di Novara. Secondo il presidente dell'associazione tunisini di Vercelli, Abdel Hamrouni, «lavorava come muratore per un'impresa edile gestita da due fratelli marocchini, ma a maggio 2011 si è licenziato». In Tunisia la primavera araba ha ribaltato il regime di Ben Alì e molti jihadisti sono stati liberati o tornano in patria. In patria Chouchane si fidanza con Madeeha, la cugina di Seifallah Ben Hassine, nome di battaglia Abou Iyadh. Ben Hassine fonda Ansar al Sharia, i partigiani della legge islamica, assieme a personaggi come Sami Ben Khemais Essid e Mehdi Kammoun, che sono finiti in galera in Italia per terrorismo nei primi anni duemila. Poi espulsi ed imprigionati in Tunisia, ma scarcerati dalla primavera araba.Le ultime tracce in Italia del futuro capetto dello Stato islamico si perdono nel 2012. Lo stesso anno Del Nevo raggiunge la Siria. «Dopo la partenza dall'Italia l'interesse nei suoi confronti è aumentato costantemente» spiegano al Viminale. In Tunisia l'ex muratore si trasforma anche nell'aspetto con barbone lungo, capelli e baffi rasati alla salafita. Ansar al Sharia viene messa fuorilegge ed i comandanti jihadisti si trasferiscono in Libia. Couchane mette radici a Sabrata da dove fa uccidere 21 turisti al museo del Bardo di Tunisi, compresi 4 italiani appena sbarcati dalle navi da crociera Costa.

Sul decreto di espulsione di Alfano dello scorso anno al Viminale fanno sapere che «il dossier è strettamente riservato».Salvatore Failla, uno dei due ostaggi italiani uccisi a Sabrata, implorava i sequestratori: «Vi prego non vendeteci all'Isis». E la risposta fu: «No, non vi vendiamo a chi ammazza le persone». L'impressione, però, è che prima del raid americano del 19 febbraio contro Chouchane, milizie locali, bandiere nere e bande varie convivevano facendo affari sulla pelle dei migranti e con gli ostaggi. «Non so se sia stato pagato un riscatto. (I sequestratori, ndr) sono entrati dicendo che era tutto finito. Ci avevano dato delle tute di calcio per vestirci» racconta Calcagno. In pratica i due sopravvissuti vengono «abbandonati», difficilmente a gratis. Calcagno con un chiodo riesce ad indebolire la serratura. «Poi ho chiamato Gino - racconta - Forza, se dai due colpi siamo fuori.

E così è stato».(ha collaborato Luigi Guelpa)

Commenti