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A Cipro sbarcano 345 profughi: pretendono di venire in Italia

Obbligati a scendere sull'isola dopo che gli scafisti li avevano abbandonati su una carretta del mare. Proteste e un tentato suicidio: «Abbiamo pagato per la Sicilia»

A Cipro sbarcano 345 profughi: pretendono di venire in Italia

«Vogliamo proseguire per l'Italia». Gliel'hanno detto chiaro e tondo giovedì sera, gli oltre trecento profughi siriani, ai loro salvatori che li conducevano al porto di Limassol dopo avere recuperato la loro «carretta del mare», un vecchio peschereccio stipato all'inverosimile in preda alla tempesta al largo di Cipro. Non sono stati ovviamente ascoltati, e la «Salamis Filoxenia», una nave da crociera, li ha invece consegnati alle autorità portuali cipriote.

A Limassol, però, è andata in scena la rivolta. I 345 naufraghi, una volta che gli era stato confermato che sarebbero stati trattenuti sull'isola mediterranea (che è membro dell'Unione Europea) hanno cercato di opporsi all'ordine di sbarcare, rifiutandosi di scendere e ripetendo che era loro intenzione proseguire il viaggio verso l'Italia. Spiegavano in tono accorato di aver pagato fino a seimila dollari a testa (e tremila per ogni bambino) per essere portati clandestinamente sulle coste della Sicilia. Li avevano spesi davvero male, visto che il «comandante» della loro scassatissima nave, trovatosi di fronte al mare grosso, ha preferito abbandonare i passeggeri al loro destino balzando su un motoscafo dal quale si era venuto a far recuperare.

La polizia cipriota ha intavolato trattative, ma è rimasta ferma nel chiarire che Cipro non poteva autorizzare il trasferimento di profughi verso un altro Paese dell'Ue: erano arrivati lì, e lì dovevano rimanere in base alle normative europee. Il confronto ha avuto momenti drammatici, secondo la televisione locale Rik un uomo ha tentato di impiccarsi e il suo suicidio sarebbe stato impedito dall'intervento degli agenti.

Alla fine, verso le 5 di ieri mattina, tutti i profughi sono stati fatti scendere. Il ministro cipriota della Giustizia Ionas Nikolaou ha assicurato che «sono state fatte pressioni, ma non è stata usata violenza» e ha promesso che tutte le richieste di asilo verranno prese in esame. I naufraghi, tra i quali si contano più di 50 bambini e numerosi nuclei familiari al completo, sono stati fatti proseguire verso un centro di accoglienza poco distante dalla capitale Nicosia, che li ospiterà fino a quando le autorità dell'isola avranno deciso la loro sorte.

L'episodio cipriota mette in evidenza che l'Italia (e la Sicilia in particolare) resta l'obiettivo principale dei trafficanti di uomini nel Mediterraneo. Proprio ieri - per una singolare coincidenza numerica, un'altra nave con a bordo 345 immigrati (la «Ibra» della nostra Marina militare) ha sbarcato il suo carico umano in Sicilia, a Porto Empedocle. Con questo nutrito gruppo, composto da persone provenienti in prevalenza da Siria, Palestina, Bangladesh, Nigeria, Sudan, Ghana e Guinea, salgono a 12.191 gli immigrati sbarcati in questo scorcio del 2014 soltanto nello scalo portuale della provincia di Agrigento, mentre in tutta Italia hanno largamente superato quota centomila.

Numeri impressionanti, che come il Giornale ha già documentato sono la causa del tracollo sostanziale del nostro sistema di accoglienza. Buona parte dei clandestini non viene nemmeno più identificata, ed è un dato di fatto acquisito che quattro su cinque fuggono e vagano sul territorio del nostro Paese, in parte cercando di dirigersi (sempre di fatto contro la legge) verso altri Paesi europei. Questa situazione non fa che alimentare incomprensioni e tensioni con i nostri partner Ue, che ci accusano di usare questa «soluzione all'italiana» per agevolare gli immigrati a proseguire il loro viaggio verso nord, aggirando il trattato di Dublino.

E non è certo motivo di rassicurazione avere conferma ufficiale che tra i Paesi di provenienza di questa umanità disperata ci sono anche quelli dove è in corso l'epidemia più pericolosa degli ultimi quarant'anni, quella di ebola.

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