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Città in rivolta: barricate sui migranti

Nel Messinese il sindaco guida la protesta: chiude la strada. Civitavecchia si mobilita

Città in rivolta: barricate sui migranti

Da Messina a Civitavecchia - passando per il malumore di alcuni comuni del Chietino, in Abruzzo - le città si ribellano, e dicono no ad accogliere i migranti. Scelte «calate dall'altro», decisioni «di Roma» che né in un piccolo comune siciliano né nel porto a due passi dalla Capitale sono gradite ai residenti. Pronti a mettersi di traverso per impedire l'«atto di forza» della prefettura.

Lo hanno fatto in senso letterale gli abitanti di Castell'Umberto, provincia di Messina. Bloccando la strada per l'ex hotel Il Canguro dove la prefettura, stando a quanto dichiarato dal sindaco, Vincenzo Lionetto Civa, avrebbe trasferito trenta minori immigrati. Il primo cittadino ha lanciato l'«allarme» via Facebook, denunciando «l'atto unilaterale» e «senza preavviso» col quale il prefetto, Francesca Ferrandino, lo aveva informato degli ospiti in arrivo. «Non ritengo questo - ha scritto Civa - un atto di coinvolgimento istituzionale corretto per gli ovvi motivi di ricaduta sulla nostra comunità (...) mi sto recando immediatamente sul luogo dove indossando la fascia tricolore, bloccherò l'ingresso della struttura alberghiera con la mia auto e li rimarrò». Tra l'altro, prosegue il sindaco, l'hotel sarebbe inagibile oltre che moroso da cinque anni col Comune per i consumi idrici.

Molti cittadini del Paese si sono mobilitati, bloccando le vie di accesso all'albergo e impedendo che vi venisse portato un gruppo elettrogeno. Ma gli ospiti erano già dentro. La prefettura intanto rilancia, nega che l'accoglienza riguardi minori ma «solo adulti», spiega che l'hotel si trova nel territorio di un comune diverso (Sinagra) e sostiene che la struttura sarebbe stata controllata (come pure la coop che dovrebbe gestire il centro) e risulterebbe in ottime condizioni (ma l'ultimo certificato di agibilità è del 2006). In realtà gli ospiti sarebbero una cinquantina, già dentro l'hotel - circondato dai residenti e quindi isolati - dopo il trasferimento avvenuto in due fasi.

Quel che è certo è che il numero dei migranti piazzati al Canguro è ben superiore alle raccomandazioni del Viminale (2,5 ospiti ogni mille abitanti), visto che Castell'Umberto e Sinagra, anche insieme, contano appena 6mila anime, e dunque dovrebbero accogliere al massimo una quindicina di persone.

Se la guerra tra poveri è già concreta in Sicilia, a Civitavecchia invece - dove prefettura e Viminale vorrebbero realizzare un hotspot su una delle banchine del porto, la 28 - siamo ancora alle schermaglie. Anche qui, nel pomeriggio di venerdì, è stato il sindaco, il pentastellato Antonio Cozzolino, a dire forte e chiaro il suo «no» all'ipotesi. Spiegando che «Civitavecchia non è nelle condizioni di diventare un hotspot per l'accoglienza dei migranti», e invitando il ministro dell'Interno Minniti «a rivedere la sua decisione che non tiene affatto conto del contesto territoriale». Dalla prefettura è arrivata una smentita un po' ambigua, nella quale si precisa che «allo stato» non sono attesi sbarchi di migranti nel porto laziale, ma che la realizzazione della struttura sulla banchina servirebbe a essere pronti «nell'eventualità che tale circostanza si verifichi». Intanto, a essere contrari, oltre al sindaco e a buona parte delle forze politiche di opposizione, sono anche molti civitavecchiesi.

Pronti alle barricate al porto, e a dichiarare in tv e sui giornali «guerra» all'hotspot che rischia di colpire, duramente, il turismo: «Queste decisioni calate dall'alto non vanno bene - spiega un cittadino a SkyTg24 - e non va bene portare migliaia di migranti nel momento di massimo afflusso di crocieristi e di turisti».

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