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Cofferati lascia. È la prima scissione nel Pd di Renzi

Dopo la sconfitta alle primarie liguri il Cinese sbatte la porta: "Brogli, silenzio inaccettabile". Ma non molla il seggio europeo

Cofferati lascia. È la prima scissione nel Pd di Renzi

Perse le primarie, Sergio Cofferati se ne va con la palla: «Lascio il Pd», ha annunciato ieri, confermando le voci della vigilia. Se ne va, ma si tiene ovviamente stretto il seggio da parlamentare europeo del Pd, con relativo stipendio: d'altronde, bisogna pur campare.

La prima scissione dell'era Renzi ha un retrogusto poco piacevole, da qualsiasi parte la si guardi. Per l'ennesima conferma che le primarie, strumento di democrazia, sono troppo permeabili a inquinamenti e pasticci; per la rottura con un pezzo della vetero-sinistra interna che può aprire la strada ad altri smottamenti; per la scarsa sportività di chi se ne va perché ha perso. E per il Pd è foriera di guai: la mission che si è dato Cofferati, ora, è quella di far perdere il partito che non lo ha voluto candidare, creando in Liguria una lista e una candidatura di disturbo a sinistra che possa togliere alla candidata Pd Raffaella Paita quel tanto di consenso sufficiente a non vincere.

E infatti al Nazareno si preoccupano: non certo per la perdita, assai relativa, del Cinese, ma per le conseguenze che rischia di avere in una regione chiave. Il governatore uscente Claudio Burlando, sponsor della candidata Paita, lo dice con chiarezza: «Se il Pd non si ricompatta, c'è il serio rischio di perdere le elezioni regionali liguri». Giovedì il vicesegretario Lorenzo Guerini aveva chiamato Cofferati, per convincerlo ad evitare lo strappo plateale che stava minacciando: «Chiedo a Sergio di considerare quali siano gli effetti della sua scelta, se siano positivi o no per il Pd», spiega.

Ma l'ex capo Cgil stava già lavorando da tempo - da quando cioè gli è stato chiaro che non avrebbe vinto le primarie - ad un'operazione scissionista insieme a Sel, agli spezzoni della sinistra radicale e all'ala irriducibilmente anti-renziana del Pd. La speranza era di poter coinvolgere anche i Cinque Stelle della Liguria, ma è stata spenta rapidamente. Ora il segretario di Sel, Nicola Fratoianni, spalanca le braccia al Cinese: «Per noi è il benvenuto, in qualsiasi modo o forma voglia impegnarsi. Se poi volesse candidarsi a presidente della Regione saremmo davvero entusiasti». Eventualità alquanto remota, quest'ultima.

Le parole di Cofferati contro il suo (ex) partito sono pesanti: parla di «incredibile silenzio» dei vertici sulle sue denuncie a proposito delle primarie, assicura che i brogli «hanno mutato il senso e il contenuto» del voto, annuncia che andrà per le vie legali e «porterò le carte in Procura». Precisa poi che si terrà il seggio («Mi hanno eletto i cittadini», dice, un po' come Razzi) ma che «non ho intenzione di promuovere nulla né di fondare altri partiti». Vuole invece «dar vita ad una associazione culturale» e che comunque «starò qui per lottare».

Nel Pd si scatena la bagarre, con la maggioranza renziana molto dura e critica verso il Cinese in fuga, che lo invita a mollare anche la poltrona europea, e con la minoranza che si strappa i capelli per la dipartita. «E' una ferita per il Pd, ed è offensivo liquidarla come reazione stizzita per le primarie», assicura Gianni Cuperlo. Fassina, Civati e le altre anime in pena nel Pd renziano sono spiazzate dallo strappo. Ora a sinistra si guarda alla data fatidica del 25 gennaio, il giorno del voto in Grecia.

«Se davvero Tsipras vincesse, la cosa potrebbe avere ripercussioni anche qui», spiegano da Sel, «e finalmente un po' di Pd alla Civati potrebbero prendere coraggio e rompere con Renzi, e a sinistra potrebbe nascere qualcosa di nuovo». Se e quando.

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