Cronache

Chi specula sulla solitudine

Oggi ci troviamo così soli da decidere di morire in coppia. Una situazione prodotta ad arte da chi sapeva bene che l'infelicità produce più ricchezza della solidarietà

Giunta in punto di morte, la mamma di un mio caro amico disse al figlio: «Quando sarò di fronte a Dio, cosa gli dirò?». Aveva ragione. Quella donna intelligente sapeva che non avrebbe dovuto compilare un modulo prestampato, che nessuno - lassù - le avrebbe detto «le faremo sapere». Si sarebbe trovata di fronte a uno, a una persona reale. Il suo sarebbe stato un vero incontro personale. Ed era giustamente preoccupata. L'eutanasia annunciata da Anne e François, anziana coppia belga, non pone questioni di principio. Chi se ne frega se il principio è giusto o sbagliato? Magari fino a ieri Anne e François erano contro l'eutanasia, ma oggi non resta loro altro che questo. Il pensiero terribile: «Morto lui (o morta lei) non mi resterà più nessuno». Di fronte a questa tragica constatazione, le prediche non contano, non contano le iniziative sociali, i gruppi di ascolto, gli sportelli della solidarietà. Niente moduli prestampati. Quello che manca è il senso. Morta la persona amata, la vita non ha più senso. Se le cose stanno così, cosa si può dire? Tutto ci porterebbe a rispondere: niente. Invece qualcosa bisogna dire per forza. Perché il silenzio è una sconfitta per tutti. Almeno due cose, infatti, possono essere dette. La prima. Viviamo in un mondo che produce solitudine intorno alla persona. Se hai la fortuna di incontrare qualcuno da amare, un bel giorno dovrai porti il problema della sua perdita, e quel giorno resterai senza sponde, senza argini, e la solitudine dilagherà come in un'alluvione. Mio nonno, quando morì, aveva sua figlia che lo teneva per mano. L'ultima frase che disse fu: sto benissimo. Mio nonno apparteneva a un mondo che non aveva ancora scavato un fossato intorno agli individui. Ma - seconda osservazione - a chi ha in mano le redini di questo gioco che è il mondo, a chi si considera padrone del mondo, e ci vuole perciò guadagnare, la solitudine umana fa comodo. Proprio oggi, in autobus, ho visto una bambina sui 10 anni con due iPhone. «Perché due?» le ha chiesto una signora. «Uno me l'ha dato la mamma, uno il papà», è stata la risposta. Famiglia unita, un telefono. Famiglia spaccata, due telefoni. Semplice, no? Perciò non raccontiamoci troppe balle. È vero che, di fronte alla decisione (e alla solitudine) di Anne e François, non ci sono prediche o discorsi che reggano.

Ma è anche vero che l'uomo non è fatto per la solitudine, che la sua condizione normale, esistenziale, non è la solitudine, e che se oggi ci troviamo così soli da decidere di morire in coppia è anche perché questa situazione è stata prodotta ad arte da chi sapeva bene che l'infelicità, la paura, la fragilità producono più ricchezza della solidarietà e della compagnia.

Commenti