Cronaca nera

La maledizione di trovarsi dalla parte sbagliata

Nell'inferno di questa storia ripugnante, di Giulia e Filippo - dio, come appare inadeguata questa congiunzione - i sopravvissuti abitano due diversi gironi

La maledizione di trovarsi dalla parte sbagliata

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Nell'inferno di questa storia ripugnante, di Giulia e Filippo - dio, come appare inadeguata questa congiunzione - i sopravvissuti abitano due diversi gironi; e chissà se è più disadorno quello in cui si trova il padre di lei, che deve convivere con la più brutale delle amputazioni emotive, o quello dove ha preso posto il padre di lui, inchiodato all'ergastolo dei rimorsi insondabili, alla fatica tantalica del cercare parole che semplicemente non esistono. I delitti dei figli, si dirà, non ricadono sui padri, eppure in qualche modo lo fanno, rendono il sangue una melma marcia, scaraventano sul pavimento come indizi da scandagliare le cose fatte e quelle non fatte, i silenzi, le assenze, gli allarmi non ascoltati, oppure quelli ignorati, sottovalutati. Quel giorno che. Quella volta che.

Esiste la colpa di essere genitore? La famiglia può diventare un'associazione emotiva per delinquere? Da poveri inquirenti autonominati quali siamo, tutti noi, cerchiamo di leggerlo nello sguardo sbianchettato di Nicola Turetta, l'altro papà, quello dalla parte sbagliata della storia, che nelle interviste a microfoni sguainati nel portone di casa - non c'è pietà, non può esserci - non guarda i cronisti negli occhi dietro a certi occhialetti appannati. Cerchiamo di leggere qualcosa che ci induca a biasimarlo, se possibile a odiarlo, ma no, non ci riesce. Quell'uomo ha lo sguardo spento, un volto che forse non esiste, perché il dolore a volte lo fa, anestetizza anche la fisiognomica. Nicola ha da portare a tracolla una pena così pesante per quelle spallucce di uomo di mezza età che nessuno si azzardi ad affardellarglielo di più.

Nicola cerca di dire qualcosa perché qualcosa deve dire, lo impongono gli sceneggiatori del dolore; lui abita una terra in cui nessuno di quelli che lo incalzano ha mai messo piede, e manda al resto del mondo incerte cartoline e inutili. La sua voce è senza tono, senza un colore, fosse anche il bruno acido della paura. Ha un guizzo quando confessa di aver sperato che «la cosa finisse in un altro modo», cioè che anche Filippo trovasse la morte, pareggiando la contabilità dell'orrore, e sono cose difficili da pensare e impossibili da dire, eppure. Non è successo, la vita continua, e Nicola dovrà adattarsi a trovare un altro modo di amare quel figlio che tutti adesso odiano.

Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, scriveva Lev Tolstoj. Il modo in cui i Turetta custodiranno il loro dolore appartiene solo a loro.

Abbiate clemenza, almeno quello.

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